Con l’ultima traversata di ieri sera diretta a Napoli, si è conclusa inaspettatamente e con grande amarezza la lunga epopea della linea marittima Palermo-Napoli della compagnia Tirrenia-Cin. Questa drastica interruzione pesa enormemente sulla comunità e si consuma nel quasi totale silenzio della compagnia, che non ha fornito alcuna comunicazione o spiegazione a chi, per anni, ha garantito la continuità del servizio.
Dietro questa chiusura non ci sono solo numeri e navi, ma un dramma umano che coinvolge più di trecento marittimi e quattordici amministrativi, distribuiti equamente tra le sedi di Palermo e Napoli. Queste persone si trovano, da un giorno all’altro, in una condizione di sospensione e incertezza, privati del loro impiego senza preavviso e, ancor più grave, senza un gesto di riconoscimento per il loro lungo impegno.
La rotta a marchio Tirrenia era molto più di un semplice collegamento commerciale per il capoluogo siciliano: rappresentava un ponte vitale, un filo invisibile che univa quotidianamente le due realtà portuali. La sua rottura lascia ora un vuoto profondo che non può essere colmato dalle fredde procedure burocratiche. Le due unità utilizzate, la Raffaele Rubattino e la Vincenzo Florio, verranno rapidamente ricollocate su altre tratte (la prima Genova-Porto Torres, la seconda Civitavecchia-Olbia).
Tuttavia, per l’equipaggio e il personale di terra che ha dedicato la vita a questa linea, il futuro è un’incognita. Prevale la sensazione di essere stati abbandonati e dimenticati, marginalizzati senza una valida giustificazione. Lo scenario è ulteriormente aggravato dal rinvio, al 3 dicembre, della gara per la vendita di cinque unità Tirrenia. Ogni scelta aziendale, infatti, ha un impatto diretto su uomini e donne che hanno costruito la propria identità professionale su questa rotta. La loro perdita non è solo di un posto di lavoro, ma di un senso di appartenenza professionale e comunitario.
Il silenzio della compagnia è assordante e viene percepito come un vero e proprio tradimento nei confronti di chi ha lavorato con dedizione, credendo nella stabilità del mestiere marittimo. È un silenzio che amplifica lo smarrimento e la solitudine dei lavoratori tra Palermo e Napoli.
Eppure, è proprio da questa assenza di risposte che deve levarsi una voce di protesta e richiesta di rispetto. Uomini come Luca Savarese, direttore della sede di Palermo con 33 anni di onorato servizio, pretendono non solo chiarezza, ma la dignità di un riconoscimento umano che non li faccia sentire semplicemente “cancellati” dalle strategie industriali.



