In una vasta operazione condotta dal comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo, è stata smantellata una truffa ai danni dell’Unione Europea per un importo complessivo di circa 15 milioni di euro. L’indagine, coordinata dalla Procura Europea (Eppo), ha portato all’emissione di un’ordinanza del gip di Palermo, che ha disposto misure interdittive nei confronti di 7 imprenditori operanti tra San Giuseppe Jato, San Cipirello e Palermo.
I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, gruppo tutela spesa pubblica, hanno eseguito il provvedimento, applicando il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare attività professionali o imprenditoriali per gli indagati. Contestualmente, il gip ha ordinato il sequestro di 5 complessi aziendali, somme di denaro, beni mobili e immobili, nonché quote societarie, quale profitto dei reati contestati a vario titolo, tra cui truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio, malversazione ed emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Le indagini si sono concentrate su richieste di contributi pubblici nell’ambito di diversi bandi e programmi operativi, come l’Ocm vino campagna vitivinicola 2018/2019 (1,5 milioni di euro), il programma operativo fondo europeo di sviluppo regionale Sicilia 2014/2020 (1,8 milioni di euro) e la misura 121 del Psr Sicilia 2007/2013 per l’ammodernamento delle aziende agricole (1,3 milioni di euro). Gli accertamenti hanno fatto emergere l’ipotesi di un’indebita percezione di contributi di origine nazionale ed europea, nonché l’esistenza di un’articolata frode fiscale.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, gli indagati avrebbero presentato alla Regione Siciliana fatture per operazioni inesistenti e documentazione falsa, come relazioni, computi metrici e dichiarazioni sostitutive di atto notorio, al fine di dimostrare costi non effettivamente sostenuti per la realizzazione di un impianto per la distribuzione carburanti, di un’azienda agricola con stalle e di un vigneto con annessa cantina. In realtà, solo quest’ultimo progetto sarebbe stato parzialmente realizzato, utilizzando false attestazioni per far risultare la conclusione dei lavori entro i termini previsti.
Le fatture false, per un importo di circa 10 milioni di euro, sarebbero state emesse da un circuito di società apparentemente distinte da quelle beneficiarie delle sovvenzioni pubbliche, ma di fatto riconducibili al principale indagato, ideatore del sistema di frode. In alcuni casi, sarebbero stati simulati pagamenti relativi alle false fatturazioni, effettuati come mere “partite di giro” attraverso l’impiego della stessa somma di denaro, che ha fatto “la spola” tra i conti correnti delle società coinvolte. Questo meccanismo avrebbe consentito agli indagati di ottenere indebitamente contributi pubblici per oltre 4,5 milioni di euro, di cui oltre 2 milioni già erogati.
Le indagini hanno anche evidenziato come parte dei fondi pubblici ottenuti sarebbero stati utilizzati per fini diversi da quelli previsti, come investimenti speculativi nella sottoscrizione di fondi comuni d’investimento, configurando il reato di autoriciclaggio per un milione di euro.