“Tu venditi le panelle”: così la mafia imponeva il pizzo a Palermo, 50 arresti

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Con le estorsioni Cosa nostra mantiene le famiglie dei carcerati. E servono sempre più soldi, perché ci sono sempre più arresti, come è stato evidenziato oggi da magistrati e poliziotti nel corso della conferenza stampa successiva all’operazione che a Palermo ha portato in carcere e ai domiciliari 50 persone.

Nel provvedimento di fermo di 11 persone – tra cui Fausto Seidita, considerato il reggente del mandamento della Noce – sono ricostruite estorsioni e tentate estorsioni ai danni di imprenditori e di commercianti. Le ditte edili rappresentano le predilette dagli uomini dell’organizzazione mafiosa. Cosimo Semprecondio, Calogero Cusimano e Salvatore Peritore, tutti e tre fermati nella notte dalla squadra mobile, il 15 marzo 2024 si sono recati dall’amministratore di una società che stava realizzando lavori in viale Lazio per ricevere mille euro per i carcerati in occasione della Pasqua.

Come ricostruito dagli agenti della Mobile, il 9 marzo del 2023 Paolo Bono e Carlo Castagna si presentarono per chiedere il pagamento del pizzo a due commercianti che avevano aperto un esercizio commerciale per bambini. Il 25 novembre dello stesso anno, in prossimità del Natale, arrivò la richiesta di pizzo. A un imprenditore, il 12 marzo 2024, vennero chiesti 15 mila euro per la messa a posto. Pizzo imposto anche al titolare di una gastronomia e a un imprenditore che gestisce attività di parcheggio e autorimesse.

Il titolare della gastronomia si era proposto come intermediario per la distribuzione dei pos. Un affronto per Girolamo Quartararo, tra i fermati di oggi. «Tu venditi le panelle», disse al commerciante; «Il mestiere di vendere i pos e aprire i conti lo devo fare io», raccontò Quartararo intercettato con Bono. «Questo sai di cosa ha bisogno? Di due pugni in bocca. C’è da farlo piangere». Alla fine, secondo quanto ricostruito dalla polizia, con l’intervento di Benedetto Di Cara il ristoratore avrebbe pagato il pizzo.

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