Furti d’auto di lusso con chiavi clonate, blitz dei carabinieri: tre indagati tra Palermo e Alcamo

Sgominata banda hi-tech tra Palermo e Milano: clonavano chiavi di auto di lusso. Un giro d'affari globale da migliaia di euro
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Un business globale del valore di migliaia di euro, basato su una tecnologia sofisticata capace di clonare le chiavi delle auto di lusso e renderle un facile bersaglio per i ladri. Un’organizzazione criminale con radici a Palermo ma tentacoli che si estendevano fino a Milano, Dubai e persino in Cina. È questo lo scenario scoperto dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, che, in collaborazione con i colleghi di Milano e Alcamo, hanno smantellato una rete specializzata in furti d’auto di ultima generazione.

L’operazione ha portato a 5 perquisizioni e al sequestro preventivo di tre conti correnti, mettendo nel mirino tre uomini: un padre e un figlio palermitani, di 58 e 27 anni, e un loro coetaneo originario di Alcamo ma residente a Milano. Le accuse sono pesantissime: associazione per delinquere finalizzata al furto aggravato, ricettazione e diffusione di apparecchiature per l’accesso abusivo a sistemi informatici.

L’indagine, coordinata dalla Procura di Palermo, è parte di un puzzle investigativo molto più ampio, che vede la collaborazione delle polizie di Francia e Regno Unito sotto l’egida di Eurojust, l’Agenzia europea per la cooperazione giudiziaria. L’input decisivo è arrivato proprio dagli inquirenti francesi, che avevano fiutato l’esistenza di una banda capace di produrre e vendere dispositivi per avviare veicoli bypassandone i sistemi di sicurezza.

Al centro della rete è stato individuato un palermitano, descritto come un vero e proprio “genio” dell’informatica, già noto alle forze dell’ordine per vicende simili. Il meccanismo era tanto ingegnoso quanto illecito: la banda si avvaleva di complici insospettabili, come il titolare di un’officina autorizzata di un noto marchio automobilistico. Quest’ultimo forniva le chiavi originali, che venivano poi spedite in Cina per essere analizzate e decodificate.

Ma non finiva qui. Per testare l’efficacia dei dispositivi, il principale indagato volava fino a Dubai, dove provava le “chiavi magiche” su auto di fascia altissima, documentando il tutto per dimostrarne il funzionamento ai potenziali clienti.

L’organizzazione aveva trasformato il furto d’auto in un affare tecnologico globale. I dispositivi venivano venduti a prezzi che variavano dai 3.000 ai 50.000 euro, sia al dettaglio nella sede milanese della loro società, sia online, raggiungendo clienti in tutto il mondo, inclusi noti ladri d’auto.

Consapevoli dei rischi, gli indagati monitoravano le operazioni di polizia in Europa, commentando tra loro gli arresti di “concorrenti” e accordandosi per cancellare ogni traccia digitale compromettente. Per nascondere i profitti, utilizzavano conti correnti online, anche esteri, che sono stati prontamente sequestrati per impedire la prosecuzione dell’attività.

Il blitz dei Carabinieri ha messo fine all’attività. Nell’abitazione palermitana di padre e figlio è stato scoperto il cuore pulsante dell’operazione: un vero e proprio laboratorio dotato di strumentazione avanzatissima per la progettazione dei dispositivi. Altro materiale è stato rinvenuto nel locale commerciale di Milano, tra cui due kit OBD (On-Board Diagnostics) pronti all’uso e un foglio con l’elenco dettagliato delle spedizioni, a testimonianza di una clientela sparsa in ogni angolo del pianeta.

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