Una parabola inattesa, quasi da film. Da un lato, l’immagine pubblica di imprenditore coraggioso, l’uomo che aveva sfidato la mafia. Dall’altro, l’ombra pesante di un’accusa di truffa ai danni dello Stato.
È la storia di Rosario Giuseppe Piraino, noto imprenditore edile palermitano, finito al centro di una maxi-inchiesta della Procura di Palermo sul “bonus facciate”. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto un sequestro preventivo da 3,5 milioni di euro, congelando i beni dell’imprenditore e della sua azienda, la Mosina Costruzioni. Una cifra che, secondo gli inquirenti, rappresenterebbe solo una parte del profitto illecito.
Il meccanismo: lavori fantasma e crediti incassati
Al centro delle indagini, coordinate dalla Guardia di Finanza, c’è il meccanismo dello “sconto in fattura”. Secondo l’accusa, Piraino avrebbe emesso fatture per lavori di ristrutturazione mai completati, o in alcuni casi nemmeno iniziati, con il solo scopo di generare crediti d’imposta e incassarli immediatamente. Un sistema che avrebbe permesso alla sua impresa di ottenere liquidità senza averne diritto.
I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria hanno passato al setaccio ben trenta cantieri sparsi in tutta Palermo, dal cuore del centro storico fino alle periferie. Il quadro che ne emerge è desolante: ponteggi montati e poi abbandonati per mesi, facciate lasciate a metà e condomini beffati. L’ammontare complessivo dei bonus legati a lavori inesistenti sfiorerebbe, secondo le stime, i 7 milioni di euro.
La scintilla dall’esposto di un condominio alla Kalsa
A far suonare il campanello d’allarme è stato l’esposto dei residenti di una palazzina nel quartiere della Kalsa. Dopo aver versato un acconto del 10%, si sono visti recapitare un certificato che attestava lavori completati per 260.000 euro. In realtà, il prospetto del loro edificio era rimasto un cantiere a cielo aperto. Dopo mesi di attesa e lettere di diffida ignorate, persino il direttore dei lavori si è dimesso, lasciando i condomini in un limbo di disagi e incertezze.
Da quella denuncia è nata un’indagine che ha svelato quella che la Procura definisce “una vera e propria prassi”. Un sistema rodato per incamerare crediti d’imposta non spettanti, da cedere a terzi per monetizzarli o da usare per compensare i propri debiti fiscali.
L’escamotage dei documenti retrodatati
Per non perdere l’occasione di accedere all’aliquota più vantaggiosa del bonus, quella al 90% in vigore fino a fine 2021, in alcuni casi sarebbero stati usati dei trucchi. Gli investigatori hanno scoperto Comunicazioni di Inizio Lavori (CILA) presentate nel 2022 ma “retrodatate” al 30 dicembre 2021. Un espediente per simulare un avvio dei lavori mai avvenuto e massimizzare i profitti.
Incrociando i documenti con i sopralluoghi e ascoltando oltre 30 amministratori di condominio, gli inquirenti hanno ricostruito il presunto schema fraudolento, che ha portato al sequestro milionario come profitto del reato.