Strage di Monreale, la pista dello scooter rubato: non una rissa, ma una missione di soccorso finita nel sangue

Una nuova, inquietante luce si proietta sulla strage del 27 aprile a Monreale, dove Andrea Miceli, Massimo Pirozzo e Salvatore Turdo sono caduti sotto una pioggia di oltre venti proiettili. L’ipotesi iniziale di una semplice rissa per lascia spazio a uno scenario più complesso e mirato: una spedizione punitiva trasformatasi in una missione di soccorso, innescata dal furto di uno scooter. Gli esecutori materiali, Salvatore Calvaruso e Mattias Conti, potrebbero non aver agito per una generica prova di forza, ma per proteggere un amico messo alle strette.

Il movente: da una banale lite a un’esecuzione

L’intera dinamica della tragica notte potrebbe essere riscritta da un singolo dettaglio. Non più una sfida tra “palermitani” e “monrealesi”, ma un intervento armato per trarre d’impaccio un complice. Secondo le più recenti risultanze investigative, come si legge su Repubblica, uno degli amici del commando palermitano sarebbe stato riconosciuto da Salvatore Turdo, una delle tre vittime, come il responsabile del furto di uno scooter, avvenuto nei giorni precedenti al massacro. Un fatto che avrebbe fatto precipitare gli eventi.

L’amico, sentendosi scoperto e in pericolo, avrebbe lanciato l’allarme, chiamando a raccolta il gruppo armato per ricevere supporto. Quella che doveva essere una dimostrazione di forza si sarebbe così trasformata in un’operazione per “recuperare” un uomo in difficoltà, culminata in un’esecuzione a freddo a pochi passi dal Duomo.

La testimonianza chiave e i punti oscuri

A suffragare questa nuova tesi investigativa è la dichiarazione di un testimone oculare della strage. «Salvatore si era avvicinato a un gruppetto perché avrebbe riconosciuto in uno di loro il possibile autore di un furto di un motorino», ha messo a verbale. Una frase che apre uno squarcio su un movente finora inesplorato.

Tuttavia, il racconto del testimone presenta ancora delle zone d’ombra. Non è chiaro a che ora precisa sia avvenuto questo confronto, né se il gruppo avvicinato da Turdo fosse appena arrivato a Monreale. Soprattutto, il testimone non ha potuto specificare se in quel frangente fossero già presenti Calvaruso e Conti, gli uomini che di lì a poco avrebbero aperto il fuoco. È plausibile, dunque, che il presunto ladro, una volta identificato, abbia avuto il tempo di effettuare una chiamata. Una richiesta d’aiuto partita poco prima dell’una di notte, circa tre quarti d’ora prima che il piombo iniziasse a fischiare.

La ricostruzione della notte: un’ora di terrore

Grazie alle telecamere di sorveglianza e alle analisi dei tabulati, i Carabinieri hanno ricostruito con precisione quasi millimetrica i movimenti del commando. La cronologia degli eventi è un tassello fondamentale per comprendere la premeditazione dell’agguato.

Prima serata: Il gruppo si riunisce al bar “Finch” di via Bara dell’Olivella, a Palermo.
Mezzanotte circa: Sette persone si spostano in piazza Sant’Anna. Qui viene scattata una foto, immagine chiave che si rivelerà decisiva per incastrare Mattias Conti. È l’ultimo momento di apparente normalità prima della decisione di salire a Monreale.
Ore 1:01: Le telecamere di via Notarbartolo immortalano il convoglio: quattro scooter e una potente moto Bmw si dirigono fuori città.
La tappa a Borgo Nuovo: Prima di raggiungere Monreale, il gruppo fa una sosta nel quartiere di Borgo Nuovo. Gli inquirenti ritengono che questa tappa sia stata strategica: è possibile che qui si siano aggregati altri membri del commando e, soprattutto, che il gruppo si sia armato con le due pistole semiautomatiche che verranno usate nella strage.
Ore 1:21: L’arrivo a Monreale. Le telecamere del Comune riprendono la carovana di scooter e moto mentre imbocca la piazza provenendo da via Palermo. Il gruppo si ferma, i componenti confabulano per alcuni minuti.
Ore 1:28: Il commando si dirige in via Benedetto D’Acquisto. Scoppia la rissa, che in pochi istanti degenera nella sparatoria mortale.

Le indagini proseguono: caccia ai complici

Con Calvaruso e Conti assicurati alla giustizia come esecutori materiali, il lavoro degli inquirenti si concentra ora sulla chiusura del cerchio. L’obiettivo è duplice: ottenere gli ultimi riscontri per validare definitivamente l’ipotesi dello scooter rubato e, parallelamente, identificare gli altri sei palermitani che avrebbero preso parte alla rissa, pur senza sparare. Su questi fronti, i Carabinieri lavorano da settimane, analizzando ogni fotogramma e ogni cella telefonica per dare un nome e un volto a tutti i componenti del branco e ricostruire l’esatta catena di comando e di responsabilità di quella notte di sangue.

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