Daniela Di Fiore, madre di Salvatore Calvaruso, accusato della strage di Monreale, parla con voce rotta dal dolore. Intervistata dal Giornale di Sicilia, tra singhiozzi e silenzi, racconta la tragedia che ha travolto la sua famiglia, stretta in un abbraccio di sofferenza. Il marito, Giancarlo, resta in silenzio, con lo sguardo perso nel vuoto, le mani intrecciate a quelle della moglie. Accanto a loro, la figlia e un cugino, testimoni silenziosi di un dolore indicibile.
“Non giustifico mio figlio, ma è giusto che paghi per ciò che ha fatto”
La signora Di Fiore non cerca giustificazioni per il figlio. Riconosce la gravità delle sue azioni e la necessità che si assuma le proprie responsabilità. Ma il suo cuore di madre è lacerato. Afferma di non poter paragonare il suo dolore a quello delle famiglie delle vittime, ma la sofferenza che prova è immensa. Ripete che il figlio che conosce non avrebbe mai fatto del male a nessuno, ma le parole si scontrano con la realtà dei fatti.
“Preghiamo per le famiglie delle vittime. La nostra vita è distrutta”
Un pensiero costante va alle famiglie delle vittime. La signora Di Fiore sa che nessuna parola può lenire il loro dolore. Non chiede perdono, ma prega affinché trovino la forza di affrontare questa tragedia. La strage ha distrutto la vita di tutti, anche la loro. Pur essendo Salvatore ancora vivo, la famiglia Calvaruso sente di averlo perso, perché nulla sarà più come prima.
Minacce e paura: la famiglia Calvaruso costretta a lasciare lo Zen
Dopo la tragedia, la famiglia Calvaruso è stata bersaglio di minacce e intimidazioni. Costretti ad abbandonare la loro casa allo Zen, vivono nel terrore. Messaggi sui social minacciavano di morte la loro figlia più piccola. Un clima di odio e violenza che ha costretto la famiglia a cancellare ogni traccia della loro presenza online, ma le parole di minaccia restano impresse nella loro memoria.
Una famiglia umile, travolta dalla tragedia
I Calvaruso sono una famiglia umile, il padre si arrangia con piccoli lavori.La signora Di Fiore racconta che non hanno mai avuto armi in casa. Descrive la sera della strage come una serata normale. Salvatore aveva cenato con loro, nulla faceva presagire l’orrore che di lì a poco si sarebbe scatenato. Il ragazzo aveva abbandonato la boxe da tempo e lavorava in un negozio di bibite. La famiglia cercava di tenerlo impegnato, consapevole dei pericoli del quartiere.
Il racconto della notte della strage: “Mamma, mi stavano ammazzando”
La madre ricorda il momento in cui i carabinieri sono arrivati a casa loro. Salvatore non c’era, poi è tornato, livido e con il volto tumefatto. Ha detto alla madre che lo stavano uccidendo. La signora Di Fiore, pur ribadendo che il figlio ha sbagliato, sottolinea la violenza subita. Conclude affermando che è giusto che Salvatore paghi per le sue azioni, ma che il peso delle vittime grava sulla coscienza di tutta la famiglia.