FAVARA – Un altro, doloroso pezzo della vita di Marianna Bello è stato restituito dal fango. Una borsa nera, modello Liu-Jo, è stata ritrovata in un vallone impervio, poco prima dell’impianto di depurazione di Favara. Appartiene alla trentottenne, la mamma inghiottita dalla furia del nubifragio che ha devastato la zona lo scorso 1 ottobre e di cui si sono perse le tracce da oltre quarantotto ore.
È il secondo effetto personale della donna che riemerge, un indizio che da un lato alimenta la flebile speranza di circoscrivere l’area delle ricerche, ma dall’altro conferma la violenza inaudita dell’acqua che l’ha travolta. Solo ieri, un altro colpo al cuore: il ritrovamento del suo portafogli, con dentro la fotografia di uno dei suoi tre figli, un piccolo ritratto che oggi assume il valore di un simbolo straziante.
Le ricerche non si fermano un istante. Un esercito di soccorritori – polizia, carabinieri, vigili del fuoco, guardia di finanza e volontari della protezione civile – sta setacciando senza tregua ogni anfratto, canale e vallone. Si lavora contro il tempo, in una corsa disperata per trovare Marianna.
Ogni ora che passa, però, l’angoscia cresce. Della donna, purtroppo, non c’è ancora nessuna traccia. Mentre si aggrappano a ogni flebile speranza, la comunità di Favara e l’intera provincia restano con il fiato sospeso, in attesa di una notizia che possa porre fine a questo incubo.



