Scandalo al carcere Pagliarelli, droga, cellulari e agenti corrotti: 12 arresti a Palermo

Una vasta operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha portato all’emissione di dodici provvedimenti cautelari, smantellando un presunto sodalizio criminale dedito all’introduzione illecita di stupefacenti e telefoni cellulari all’interno della casa circondariale Pagliarelli. Le accuse spaziano dalla corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio all’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, fino all’associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Sette dei destinatari delle misure erano già reclusi per altre cause. L’esecuzione è stata affidata ai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, alla Polizia Penitenziaria del Pagliarelli e al Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria di Padova.

Le radici dell’indagine e il sistema criminale

Le investigazioni, protrattesi da settembre 2023 ad aprile 2024, hanno preso le mosse dalla necessità stringente di contrastare il dilagante fenomeno del traffico di droga e cellulari nel penitenziario palermitano. Gli inquirenti hanno delineato i contorni di un’articolata associazione criminale, composta prevalentemente da detenuti, che avrebbe orchestrato l’ingresso di sostanze illecite e apparecchi telefonici. Un ingranaggio ben oliato che, secondo le ricostruzioni, si sarebbe avvalso anche della compiacenza di alcuni agenti della Polizia Penitenziaria in servizio presso la stessa struttura. Questi ultimi, in cambio di somme di denaro, avrebbero tradito i propri doveri d’ufficio, agevolando le attività illecite.

Il modus operandi: dai colloqui ai pubblici ufficiali infedeli

Le indagini hanno fatto luce su una pluralità di stratagemmi adottati per far pervenire droga e telefoni nelle celle. Un ruolo cruciale sarebbe stato giocato dai familiari durante i colloqui, trasformati in occasioni per il passaggio di materiale illecito. Altri canali di approvvigionamento identificati includono i detenuti ammessi al lavoro esterno, che avrebbero sfruttato la loro relativa libertà di movimento, e quelli trasferiti da altri istituti penitenziari, potenziali vettori di merce proibita. L’elemento più inquietante emerso è il coinvolgimento diretto di agenti penitenziari, che avrebbero agito da facilitatori dietro compenso.

Un business lucroso e il clima di intimidazione interna

Il traffico illecito si configurava come un’attività estremamente redditizia. Una volta introdotti nelle sezioni detentive, i telefoni cellulari e le dosi di stupefacente venivano ceduti a prezzi esponenzialmente maggiorati rispetto al mercato esterno, con rincari che potevano arrivare a decuplicare il valore originario. Parallelamente, le attività investigative hanno svelato un sistema di potere interno gestito dai detenuti più influenti, basato su atti di violenza e spedizioni punitive. Tale controllo sarebbe stato favorito dalla connivenza o, in alcuni casi, dalla scarsa reazione di taluni agenti. Questa condotta omissiva o attivamente complice avrebbe non solo agevolato le iniziative criminali, ma anche generato una diffusa situazione di pericolo per il personale penitenziario onesto e per la fascia più vulnerabile della popolazione carceraria, spesso priva di protezioni e, all’occorrenza, utilizzata coattivamente per veicolare droga e cellulari.

I sequestri e gli arresti: un bilancio significativo

Nel corso dell’intera attività investigativa, sono stati sottoposti a sequestro 56 micro cellulari, 25 smartphone, 20 schede SIM e oltre un chilogrammo di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina, crack, hashish e marijuana. Le perquisizioni domiciliari, eseguite nelle scorse ore, hanno ulteriormente arricchito il bilancio. A Catania, nell’abitazione di uno degli arrestati, i Carabinieri hanno rinvenuto circa cinque chilogrammi di cocaina e crack, 9.700 euro in contanti e munizionamento per pistola calibro 7.65. A Palermo, i militari e gli agenti della Penitenziaria hanno trovato nelle case degli indagati un totale di 120 dosi tra hashish e marijuana e 1.200 euro in contanti. Durante le operazioni, è stato inoltre arrestato in flagranza di reato, per detenzione ai fini di spaccio, il figlio venticinquenne di uno degli indagati colpiti dalla misura cautelare.

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