In Sicilia olive in calo del 60% e prezzi olio alle stelle
Una situazione critica, che non trova eguali negli ultimi 50 anni

La persistente siccità che da oltre un anno affligge la Sicilia sta penalizzando duramente anche il settore olivicolo regionale. Stando a quanto afferma Giosuè Catania, presidente facente funzioni di Cia Sicilia Orientale e numero uno di APO, cooperativa di olivicoltori operante in Sicilia, la produzione di olio d’oliva nell’isola potrebbe segnare un calo tra il 50 e il 60% rispetto alla scorsa campagna.
Una situazione critica, che non trova eguali negli ultimi 50 anni. L’aumento delle temperature, con ripetute e prolungate ondate di calore, e la totale assenza di precipitazioni stanno sottoponendo gli olivi ad un forte stress idrico e climatico. Il risultato è un drastico calo delle rese produttive, con chiome che mostrano evidenti segni di sofferenza e frutti che, a causa della maturazione anticipata dovuta al caldo anomalo, si presentano raggrinziti e spesso non idonei alla raccolta.
La provincia di Catania, estesa al basso Ennese, è l’area dove si registrano le perdite più consistenti, con un crollo della produzione tra il 70 e l’80%. Non va meglio nelle altre province: si stimano cali del 60% nel Siracusano e nel Ragusano, con picchi del 40-50% nelle zone collinari e montane. Complessivamente in Sicilia si prevede una produzione tra i 16 e i 18mila tonnellate di olio, meno della metà delle 35mila tonnellate ottenute nella campagna 2022/2023.
“L’assenza di piogge sta creando condizioni di grave stress idrico per gli olivi, che sacrificano la produzione pur di sopravvivere a questa situazione climatica anomala”, spiega Catania. L’emergenza idrica accentua i problemi, con invasi ormai vuoti e condutture colabrodo che perdono oltre la metà dell’acqua.
Anche laddove è stato possibile garantire irrigazioni di soccorso, la resa degli ulivi è comunque molto inferiore al normale. Particolarmente critica la situazione per le olive da tavola, che necessitano di irrigazioni costanti per ingrossare le drupe destinate alla lavorazione in salamoia.
Secondo Catania, anche il settore olivicolo nazionale non se la passa meglio. Da qui la necessità di un piano che supporti la produzione, promuova l’aggregazione dell’offerta, rafforzi il rapporto con ricerca e innovazione per far fronte ai mutamenti climatici. La Sicilia, prima regione per numero di produzioni DOP e IGP, può fare da apripista a questo rilancio dell’olivicoltura italiana.