In Sicilia si moltiplicano le proteste degli ex percettori del reddito di cittadinanza dopo i tagli al sussidio decisi dal governo. Migliaia di famiglie, improvvisamente private dell’assegno, ora chiedono risposte alle istituzioni.
A Palermo un folto gruppo di ex beneficiari si è radunato sotto l’assessorato regionale per le politiche sociali, esprimendo rabbia e disperazione. “Avevo ritrovato dignità grazie al reddito, ora mi ritrovo senza nulla” dice uno di loro. C’è chi teme di finire per strada, chi lamenta la mancanza di alternative concrete.
Per fornire informazioni, la Regione Siciliana ha istituito uno sportello informativo presso il Centro per l’Impiego di Palermo. “Vogliamo aiutare le tante persone in difficoltà in questa fase di transizione” spiega l’assessore Nuccia Albano. Ma la misura non sembra sufficiente a placare la protesta.
Sono circa 170 mila le famiglie siciliane che hanno ricevuto la comunicazione di sospensione del sussidio. Per molte di esse si tratta dell’unica fonte di sostentamento. Come denunciano gli ex percettori, i tempi per avviare politiche attive del lavoro sono stati troppo stretti.
C’è poi il nodo dei working poor, ossia quei lavoratori poveri con stipendi talmente bassi da risultare comunque sotto la soglia di povertà. Per loro il taglio al reddito è un colpo durissimo. Da qui la richiesta di introdurre quanto prima il salario minimo, avanzata dal PD con una mozione all’ARS.
“In Sicilia gli stipendi sono inferiori del 30% rispetto al resto d’Italia – ricorda il deputato Fabio Venezia – il salario minimo è fondamentale per tutelare i diritti dei lavoratori, soprattutto dopo i tagli al reddito di cittadinanza”.
La misura di sostegno introdotta dal governo Conte, per quanto perfettibile, ha rappresentato una boccata d’ossigeno per tante famiglie in difficoltà. La sua abolizione, in assenza di valide alternative, rischia di accrescere il disagio sociale e le sacche di povertà, soprattutto nelle regioni svantaggiate come la Sicilia.
Ora la palla passa alle istituzioni, chiamate a gestire al meglio questa fase di transizione verso nuove politiche di welfare e di sostegno al reddito. Serve un piano credibile per creare occupazione stabile e tutelare i soggetti più fragili. Altrimenti il rischio è quello di una vera e propria bomba sociale.