Palermo, turista violentata alla Vucciria: scatta l’arresto

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uella che doveva essere una normale serata estiva si è trasformata in un dramma per una turista in vacanza a Palermo. A oltre due anni dai fatti, la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo di 46 anni, identificato con le iniziali S.D., ritenuto responsabile di una violenza sessuale avvenuta nel centro storico della città. L’indagato si trovava già detenuto per altri procedimenti.

L’episodio risale a un sabato di luglio del 2023. La giovane vittima stava trascorrendo la serata con alcune amiche nella zona della Vucciria, cuore pulsante della movida palermitana. Nel corso della notte, il gruppo aveva fatto conoscenza con alcuni ragazzi del posto, condividendo parte del tempo tra locali e vicoli del quartiere.

La situazione sarebbe precipitata quando la turista, per motivi ancora oggetto di accertamento, si è ritrovata da sola, perdendo il contatto con le amiche. In quel momento, secondo la ricostruzione degli investigatori della IV sezione della squadra mobile, coordinati dalla Procura di Palermo, il quarantaseienne si sarebbe avvicinato alla ragazza con il pretesto di offrirle aiuto.

In realtà, sempre secondo l’accusa, l’uomo avrebbe approfittato della condizione di fragilità della giovane, inducendola con l’inganno a seguirlo fino alla propria abitazione. Una volta all’interno dell’appartamento, la turista sarebbe stata trascinata e costretta a subire un rapporto sessuale contro la sua volontà.

Le indagini sono partite subito dopo la denuncia della vittima. Gli investigatori hanno avviato un lungo lavoro di ricostruzione, raccogliendo testimonianze di persone presenti nella zona quella notte e analizzando le immagini delle telecamere di videosorveglianza, che avrebbero permesso di seguire gli spostamenti della coppia dalla Vucciria fino all’abitazione dell’indagato.

Determinante, secondo la Procura, è stato l’esito degli accertamenti scientifici. I campioni biologici prelevati e analizzati nei laboratori sono stati messi a confronto con il Dna dell’uomo, facendo emergere una compatibilità ritenuta decisiva dagli inquirenti.

Alla luce degli elementi raccolti, il giudice ha disposto la misura cautelare in carcere, notificata direttamente all’indagato nel luogo di detenzione, chiudendo una fase investigativa complessa durata oltre due anni.

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