Sembra una tempesta che non vuole placarsi. La sanità siciliana è di nuovo epicentro di uno tsunami giudiziario che scuote le fondamenta del sistema. La Procura di Palermo, come riporta il Giornale di Sicilia, ha messo il sigillo su un’altra, complessa indagine, chiedendo ben quindici misure cautelari: otto persone rischiano il carcere, quattro gli arresti domiciliari e tre società del settore sanitario potrebbero vedersi vietato di lavorare con il pubblico. L’accusa è pesantissima e disegna i contorni di un sistema rodato di tangenti e gare d’appalto pilotate.
Al centro di questo nuovo ciclone giudiziario c’è un nome già tristemente noto: Antonino Maria Sciacchitano, 65 anni, per tutti “Ninni”, commercialista originario di Corleone. Già ai domiciliari per il primo capitolo dell’inchiesta “Sorella Sanità bis”, scoppiata a giugno, Sciacchitano è considerato dagli inquirenti la mente di una rete di corruzione che si muoveva con disinvoltura tra funzionari pubblici, imprenditori e faccendieri. Nonostante fosse già sotto inchiesta, secondo l’accusa non si sarebbe mai fermato, arrivando a incassare una mazzetta da 25 mila euro. Per lui, ora, la Procura chiede il carcere.
Ma Sciacchitano non avrebbe agito da solo. La lista dei presunti complici è lunga. Tra i nomi per cui è stato chiesto l’arresto in carcere spicca quello di Catello “Lello” Cacace, imprenditore campano ritenuto il grande mediatore del gruppo. Con lui, una schiera di manager e rappresentanti di aziende fornitrici di servizi e materiale sanitario, come Umberto Maggio della Pacifico Srl e Umberto Perillo della E.Medical Srl. Ai domiciliari, invece, potrebbero finire collaboratori e funzionari pubblici, tra cui Alba Cristodaro, responsabile di procedimento all’Arnas Civico, e Aldo Albano, provveditore dell’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello.
Il meccanismo descritto dagli investigatori era un copione collaudato: le aziende “amiche” ricevevano informazioni riservate sui bandi di gara, concordavano ribassi fittizi per dare una parvenza di legalità, e ottenevano punteggi “su misura” per assicurarsi la vittoria. Il tutto, ovviamente, in cambio di bustarelle in contanti.
Le accuse riguardano affari milionari: dalla fornitura di materiale chirurgico e macchinari, fino al servizio di lavaggio e noleggio della biancheria ospedaliera. Un esempio su tutti è la gara da 47 milioni di euro per la sterilizzazione del materiale chirurgico all’ospedale Civico. Qui, Sciacchitano avrebbe ricevuto 10 mila euro per favorire la Servizi Ospedalieri Spa. Altri 14 mila euro sarebbero arrivati in contanti da altre aziende per diverse forniture. Persino per la gara della lavanderia di Villa Sofia-Cervello sarebbe stata pagata una tangente da 2.500 euro.
Ma il quadro si allarga e assume contorni politici inquietanti. Questa nuova indagine, infatti, si intreccia in modo quasi indissolubile con un altro filone investigativo, quello che vede coinvolti l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro e il deputato nazionale Saverio Romano. I loro nomi, già emersi nelle carte di “Sorella Sanità bis”, sono ora al centro di una richiesta di arresti domiciliari per associazione a delinquere e corruzione. Per la Procura non si tratta di due storie diverse, ma di facce della stessa medaglia: un unico sistema di potere capace di controllare gli appalti pubblici. A saldare questo legame, un dettaglio non da poco: gli interrogatori di garanzia di tutti gli indagati, politici compresi, sono stati fissati negli stessi giorni. Un appuntamento quasi corale davanti ai giudici, che segna il punto di incontro tra politica, affari e la gestione della salute dei siciliani.



