CAPIZZI (MESSINA) – Una risata con gli amici, i progetti per il futuro e una vita davanti, spezzata a 16 anni da una pallottola che non era per lui. Potrebbe essere questa la drammatica e assurda verità dietro la morte di Giuseppe Di Dio, lo studente ucciso sabato sera a colpi di pistola nel cuore di Capizzi, piccolo borgo dei Nebrodi ora avvolto dal silenzio e dal dolore. L’ipotesi che scuote le fondamenta della comunità è quella di un tragico, fatale errore: Giuseppe sarebbe stato un bersaglio sbagliato, un’innocente vittima collaterale di un regolamento di conti.
Chi era Giuseppe? Tutti, a Capizzi e a Troina, dove frequentava l’Istituto Alberghiero “Don Bosco Majorana”, lo descrivono allo stesso modo: “Un ragazzo modello”. Studente diligente, sempre partecipe nei progetti scolastici, era il vanto della sua famiglia, onesti lavoratori dediti a un’azienda agricola e zootecnica a cui lui stesso non faceva mai mancare il suo aiuto. “Tutta la comunità scolastica si stringe al dolore della famiglia per l’immane tragedia che ci ha colpiti”, ha scritto a caldo la dirigente scolastica, Mariangela Santangelo, facendosi portavoce di un sentimento unanime di sgomento tra docenti e compagni. Una vita piena di sogni, interrotta dalla violenza cieca in una fredda sera di novembre.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Enna e condotte dai Carabinieri della compagnia di Mistretta, si sono mosse con rapidità fulminea. Tre persone sono state fermate poche ore dopo l’agguato: Giacomo Frasconà Filaro, 20 anni, ritenuto l’esecutore materiale del delitto; suo fratello Mario, 18 anni, e il padre Antonino, 48. L’accusa per il ventenne è pesantissima: omicidio, tentato omicidio (un altro ragazzo di 22 anni è rimasto ferito, ma non è in pericolo di vita), detenzione di arma clandestina e ricettazione. Padre e fratello sono accusati di averlo accompagnato sul luogo del delitto.
L’arma, una pistola con matricola abrasa, è stata ritrovata e sequestrata. Ma è il movente a delineare i contorni di una tragedia ancora più amara. Secondo le indiscrezioni che trapelano dagli ambienti investigativi, il vero obiettivo del raid punitivo non era Giuseppe. Giacomo Frasconà Filaro avrebbe avuto dei contrasti personali con un’altra persona e sarebbe sceso in strada per “risolvere” la questione a colpi di pistola. In quella folle traiettoria, ha trovato il corpo di un sedicenne che non c’entrava nulla.
“La nostra comunità è sgomenta e incredula, è una vera tragedia”. La voce del sindaco di Capizzi, Leonardo Giuseppe Principato Trosso, è rotta dalla commozione e dalla rabbia. “Conosco la famiglia di Giuseppe, gente per bene, grandi lavoratori. Lui era un ragazzo timido e studioso”. Poi l’affondo, durissimo, verso la famiglia dei fermati: “Conosco anche loro, persone con diversi precedenti penali. L’anno scorso alcuni componenti sono stati indagati per aver dato fuoco alla caserma dei carabinieri. Ieri sera poteva essere una strage, quel bar è frequentato da tanti ragazzini”.
Il primo cittadino, che ha già annunciato il lutto cittadino, lancia un grido d’allarme: “I nostri carabinieri sono pochi, più volte ho chiesto rinforzi al prefetto. Non si può morire così”. Un sentimento di impotenza che serpeggia anche sui social, dove al cordoglio si mescola la richiesta di giustizia e maggiore sicurezza. “Scene da far west diventate normalità”, scrive un utente. “È un grande fallimento dell’umanità”, gli fa eco un altro.



