PALERMO – Un giudizio durissimo, quasi un’invettiva, che arriva dritto dagli schermi della televisione nazionale per scuotere le coscienze. La criminologa Roberta Bruzzone, intervenendo nella trasmissione “Ore 14” su Rai Uno, non ha usato mezzi termini per descrivere Gaetano Maranzano, il giovane che ha confessato l’omicidio del 21enne Paolo Taormina, avvenuto sabato notte a Palermo.
“Questo qui è un balordo, con poche idee e molto confuse, con un quoziente intellettivo pari a quello di uno yogurt scaduto”. L’analisi della Bruzzone è un affondo senza appello, che dipinge il presunto assassino come un individuo “senza obiettivi nella vita”, capace di “celebrarsi sui social dopo aver commesso un omicidio di questa portata”. Il riferimento è alla condivisione di un passaggio tratto da “Il Capo dei Capi”, un gesto che la criminologa bolla come “l’iconografia del nulla”.
Ma l’analisi non si ferma all’esecutore materiale. La Bruzzone sposta il mirino su quella zona grigia di consenso online che spesso circonda simili tragedie. “Io andrei a cercare chi ha messo i ‘mi piace’ a quel messaggio”, ha dichiarato con fermezza, proponendo una soluzione drastica: “Queste persone andrebbero tracciate e trovate. Se sono minorenni, andrebbero tolte alle famiglie, per strapparle da quell’albero ormai avvelenato da cui provengono”. Una provocazione forte, che accende il dibattito sulla responsabilità collettiva e sull’emulazione criminale.
Sul fronte strettamente giudiziario, a fornire un quadro della situazione è l’avvocato di Maranzano, Rosanna Vella. Intervenuta anche lei durante la trasmissione, ha confermato il punto chiave dell’indagine: “Il mio assistito ha riconosciuto le sue colpe e le sue responsabilità”, ha spiegato il legale, precisando che la linea tenuta durante l’interrogatorio non si discosta da quanto già emerso.
Restano però dei nodi da sciogliere. Sul perché Maranzano non faccia i nomi di eventuali complici, l’avvocato è chiara: “Non è un mistero, si è semplicemente avvalso della facoltà di non rispondere”. La difesa, al momento, non avanza richieste specifiche e attende gli sviluppi delle indagini della Procura. “L’arma, per quello che risulta, è stata consegnata ai carabinieri”, ha aggiunto Vella, “aspettiamo gli esami balistici”.
Riguardo a un possibile pentimento, il legale si mostra cauto: “È qualcosa di così interiore che non penso di poterlo cogliere”. E su un eventuale incontro con la famiglia Taormina, che chiede a gran voce giustizia, la risposta è netta: “Siamo alle primissime battute”. La strada per la verità è ancora lunga, ma una prima, drammatica, ammissione è già agli atti.