Sfrattato da casa, si getta dal sesto piano: dramma a Milano, la vittima è un anziano siciliano

Sfratto finisce in tragedia a Milano: 71enne siciliano si lancia nel vuoto. Il dramma della solitudine e della crisi abitativa
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Una vita che si spezza nel modo più drammatico, sotto il peso di uno sfratto diventato insostenibile. Si è consumata così, in una fredda mattina alle porte di Milano, la tragedia di Letterio Buonomo, un uomo di 71 anni originario di Messina, che ha scelto di porre fine alle sue angosce lanciandosi dal balcone di quella che, fino a pochi istanti prima, era ancora casa sua.

Il dramma è avvenuto a Sesto San Giovanni, in via Puricelli Guerra, intorno alle 9:15. Un’ora di routine, di gente che va al lavoro, ma che oggi è stata squarciata da un gesto estremo. Mentre al portone del palazzo erano presenti il suo avvocato, il proprietario dell’appartamento e le forze dell’ordine – arrivate, come da prassi, per assistere all’esecuzione dello sfratto – Letterio ha compiuto la sua scelta finale. Dopo mesi di affitti non pagati e tentativi di mediazione ormai esauriti, l’atto era diventato esecutivo.

Non voleva creare problemi, non voleva opporre resistenza. Ha lasciato solo un biglietto, poche parole che racchiudono un abisso di disperazione: «Non ce la faccio più». Poi si è lanciato dal sesto piano, davanti agli occhi increduli dei passanti. Un volo che ha posto fine a tutto. I soccorritori del 118, giunti tempestivamente, non hanno potuto fare altro che constatare il suo decesso.

Chi era Letterio Buonomo? Un uomo con una vita di lavoro alle spalle come custode, un divorzio, nessuna macchia sulla fedina penale. Un uomo che, secondo le parole del sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano, viveva una condizione di fragilità complessa. “Non risultava possedere i requisiti per accedere al fondo per la morosità incolpevole a causa di un reddito considerato elevato”, ha spiegato il primo cittadino, rivelando anche una battaglia personale dell’uomo contro la ludopatia.

Solo poche settimane fa, Letterio si era rivolto per la prima volta ai servizi sociali del Comune, cercando informazioni per un alloggio popolare. Gli erano state fornite le indicazioni per una soluzione abitativa temporanea, ma a quell’appuntamento non si è mai più presentato. “Forse per timore che potesse giungere notizia ai famigliari”, ha ipotizzato il sindaco, toccando un altro tasto dolente: la solitudine che spesso accompagna queste battaglie silenziose.

La sua morte ha immediatamente acceso il dibattito politico, trasformando una tragedia personale in un simbolo della più ampia crisi abitativa. “La crisi abitativa uccide, letteralmente”, ha tuonato su X l’eurodeputata Ilaria Salis (Avs), sottolineando come “gli interessi economici dei privati vengano anteposti ai bisogni essenziali”. Dello stesso avviso Giulia Pastorella, deputata di Azione, che ha chiesto un’informativa urgente al ministro Salvini: “Le situazioni di indigenza e di buona fede dovrebbero essere affrontate con rispetto e comprensione”.

Resta il dolore per una vita finita nel vuoto e l’eco di una domanda che scuote le coscienze: si può morire per una casa?

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