“Ci stanno cancellando con un tratto di penna”: la rabbia della formazione siciliana contro la Regione

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PALERMO – Un terremoto politico e sociale scuote le fondamenta della formazione professionale in Sicilia. Quella che doveva essere una semplice riforma tecnica, richiesta dall’Unione Europea per sbloccare circa cento milioni di euro del programma GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), si è trasformata in un atto d’accusa pesantissimo contro il governo regionale. Un fronte compatto, che unisce le associazioni datoriali degli enti accreditati (da Anfop a Forma.Re, passando per Federterziario) e i sindacati di categoria come l’Ugl Scuola, denuncia un “blitz unilaterale” che rischia di cancellare decenni di storia e mettere a repentaglio il futuro di centinaia di lavoratori.

Il Metodo: un Dialogo Negato

Al centro della bufera non c’è solo il merito della legge, ma soprattutto il metodo. “Ingiustificabile e inaccettabile”, così viene definito il comportamento dell’Assessorato competente, guidato da Mimmo Turano. Le parti sociali denunciano di essere state completamente escluse da un processo di riforma avviato già a febbraio.

“Il dialogo sociale e la condivisione non sono un’opzione, ma una precondizione imposta dalle stesse procedure europee”, tuonano in una nota congiunta.

L’accusa è di aver aggirato il confronto, trasformando un disegno di legge in un emendamento approvato in una seduta straordinaria, quasi notturna. Un modus operandi che, secondo i critici, è diventato un “costume” di questo governo, rievocando precedenti episodi in cui accordi faticosamente raggiunti sono stati “spazzati via in una sola notte”.

La Sostanza: il Cavallo di Troia della Formazione in Azienda

Ma cosa prevede, nel concreto, questa riforma tanto contestata? La modifica alla legge regionale 23 del 2019 introduce la possibilità di riconoscere la formazione svolta direttamente in azienda e la partecipazione di soggetti privati in attività progettuali. Ufficialmente, l’obiettivo è valorizzare i tirocini, come richiesto da Bruxelles. Ma per gli addetti ai lavori, si tratta di un cavallo di Troia.

“Temiamo che dietro l’intervento legislativo si nasconda la volontà di affidare l’intera filiera formativa alle imprese”, spiegano.

Di fatto, si sposta il baricentro della formazione dal mondo dell’istruzione, regolato da accreditamenti e controlli pubblici, a quello della produzione, guidato da logiche economiche.

“La formazione professionale è una funzione pubblica, non può essere delegata alle aziende, il cui ruolo è produttivo, non educativo. È uno dei cardini del nostro Statuto”.

Le Conseguenze: Posti di Lavoro a Rischio e un Appello a Schifani

Le ricadute paventate sono drammatiche. In primo luogo, il rischio concreto del “mantenimento dei livelli occupazionali” per centinaia di operatori che oggi lavorano negli enti. In secondo luogo, un potenziale crollo della qualità, venendo meno le garanzie di trasparenza e controllo pubblico che caratterizzano il sistema di accreditamento. Per questo, l’intero comparto si appella direttamente al Presidente della Regione, Renato Schifani, invocando la sua sensibilità per “salvaguardare un settore vitale”. La richiesta è duplice e urgente: un’immediata convocazione di un tavolo di crisi per “governare la transizione” e una profonda revisione del testo, che reinserisca esplicitamente il ruolo degli enti e definisca la formazione in azienda come “complementare e non sostitutiva”.

Resta l’incognita sui fondi europei. Tutti si chiedono se questo blitz sarà davvero efficace per salvare i cento milioni del PNRR e, soprattutto, quanti di questi, una volta ottenuti, saranno realmente destinati a creare buona occupazione per i giovani e i soggetti fragili in Sicilia, o se il prezzo da pagare sarà lo smantellamento di un intero sistema.

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