Tragedia a Trappeto, soccorritori recuperano il ragazzo morto ma in spiaggia tuffi, racchette e risate

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Mentre i soccorritori recuperavano il corpo senza vita di Jan Kantor, il ragazzo travolto dalla furia del mare mosso e scomparso tra le onde della spiaggia di Ciammarita, a Trappeto, sull’arenile era come se nulla stesse accadendo. A pochi metri di distanza, un altro mondo. Un mondo parallelo e assordante nella sua normalità: ombrelloni colorati, risate, tuffi, racchettoni e il sole che scotta sulla pelle. La vacanza che continua, incurante del dramma.

Un ragazzo giovane, che poteva essere figlio di chiunque, nipote di chiunque. Intanto però a pochissimi metri c’era chi continuava a tuffarsi in mare. È questa la scena surreale e agghiacciante che si è presentata sulla spiaggia di Ciammarita, a Trappeto. Da una parte, la fine di una giovane vita; dall’altra, la spensieratezza ostentata di chi ha scelto di non vedere, di non fermarsi. Mentre il corpo di Jan veniva recuperato, dopo essere stato inghiottito dalle onde, sull’arenile la giornata proseguiva. C’era chi si girava dall’altra parte per continuare a prendere il sole, chi continuava a giocare in acqua, chi rideva per una battuta con gli amici.

E allora la domanda sorge spontanea, ed è un pugno nello stomaco: cosa sta succedendo a questa società? Cosa ci è capitato?

Non si tratta di puntare il dito contro il singolo bagnante, ma di prendere atto di un fenomeno che gela il sangue: un’apparente, totale desensibilizzazione di fronte alla morte, una disumanizzazione che ci permette di considerare una tragedia come un semplice fatto di cronaca da osservare a distanza, anche quando accade a un palmo dal nostro naso. Jan Kantor poteva essere il figlio di chiunque, il nipote, un amico. Un ragazzo nel fiore degli anni, con sogni e speranze che il mare ha deciso di spezzare. Eppure, la sua morte non è bastata a fermare, neanche per un’ora, la routine balneare. Non è servita a imporre un silenzio rispettoso, un momento di cordoglio collettivo.

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