Reddito di cittadinanza, la beffa siciliana: da 7.000 a 100 euro
Il "Reddito di Povertà" proposto da Schifani in Sicilia scatena polemiche per l'insufficienza dei fondi

L’annuncio del governo Schifani riguardo all’istituzione di un “Reddito di Povertà” in Sicilia ha acceso un vivace dibattito pubblico, ponendo in luce le complesse sfide socioeconomiche che l’isola si trova ad affrontare. Il governatore siciliano vuole aiutare le persone che hanno perso il reddito di cittadinanza almeno quelle che si trovano in uno stato di povertà più grave ma il dibattito politico è aspro e la misura vede già parecchi punti deboli, almeno un secondo i sindacati e parte dell’opposizione.
La misura, inserita nella Finanziaria quater, mira a destinare 30 milioni di euro alle famiglie più vulnerabili, con un ISEE non superiore a 5.000 euro. Questo intervento si inserisce in un contesto di crescente disagio economico, aggravato dalla recente abolizione del Reddito di Cittadinanza, che ha lasciato numerose famiglie siciliane prive di un sostegno fondamentale. La Sicilia, infatti, presenta tassi di povertà significativamente più elevati rispetto alla media nazionale, con una particolare concentrazione nelle aree rurali e nelle periferie urbane. L’alto tasso di disoccupazione, la precarietà del lavoro e la mancanza di opportunità economiche contribuiscono a creare un quadro di fragilità sociale che richiede interventi mirati e strutturali.
Il Cuore della contesa: i numeri e le polemiche
L’aspetto più controverso del “Reddito” riguarda l’entità delle risorse stanziate. I 30 milioni di euro previsti, infatti, appaiono insufficienti a fronteggiare l’ampiezza del fenomeno della povertà in Sicilia. Le critiche mosse dai sindacati, in particolare da CGIL e UIL, si concentrano proprio su questo punto. Secondo i calcoli della CGIL, se la platea dei beneficiari fosse la stessa del precedente Reddito di Cittadinanza, ogni nucleo familiare riceverebbe poco più di 100 euro l’anno, una cifra irrisoria rispetto ai 7.000 euro precedentemente garantiti. Considerando l’insieme dei nuclei familiari con ISEE inferiore a 5.000 euro, la cifra scenderebbe ulteriormente a 86 euro l’anno, rendendo l’intervento praticamente inefficace. La UIL ha sottolineato la necessità di interventi più significativi, capaci di garantire un livello di vita dignitoso alle famiglie in difficoltà. Anche la CISL, pur mostrando un atteggiamento più cauto, ha richiesto un confronto con le parti sociali e un cospicuo aumento delle risorse per dare risposte concrete al problema.
Le dichiarazioni di Schifani e le imcognite sull’erogazione
Il presidente Schifani ha difeso la propria iniziativa, sottolineando che non si tratta di un semplice sussidio, ma di un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà. Ha inoltre ribadito la volontà del suo governo di occuparsi del welfare e del disagio sociale, tradizionalmente considerati temi di sinistra. Le modalità di erogazione del “Reddito di Povertà” però restano ancora poco chiare. L’emendamento prevede un contributo massimo di 5.000 euro per nucleo familiare, ma non specifica i criteri di assegnazione e le procedure di erogazione. Si ipotizza che il bando, che sarà emesso dall’Assessorato alla Famiglia e dall’IRFIS, possa prevedere diverse opzioni: l’erogazione di 5.000 euro ai primi richiedenti fino all’esaurimento dei fondi, oppure la distribuzione delle risorse tra un numero maggiore di famiglie, riducendo l’importo del contributo per ciascun nucleo. Un’altra ipotesi, avanzata da alcuni esponenti della maggioranza, prevede la possibilità di un aumento delle risorse durante le votazioni in aula, sfruttando i fondi residui del bilancio 2024.
Il Ruolo dell’opposizione e le prospettive future
Il Movimento 5 Stelle, principale forza di opposizione, ha criticato duramente la proposta del governo Schifani, definendola una misura spot incapace di affrontare seriamente il problema della povertà. Nuccio Di Paola, leader del M5S Sicilia, ha invitato il governo a stanziare almeno 100 milioni di euro per rendere l’intervento effettivamente significativo. Il M5S ha annunciato la presentazione di emendamenti per aumentare il budget del “Reddito di Povertà” e ha richiesto il voto segreto, confidando nel malcontento presente all’interno dell’Ars. Il dibattito politico si preannuncia quindi acceso, con il governo che difende la propria iniziativa e le opposizioni che ne contestano l’efficacia. Il futuro del “Reddito di Povertà” in Sicilia dipenderà dall’esito di questo confronto politico e dalla capacità del governo di rispondere alle critiche e di garantire un sostegno concreto alle famiglie più vulnerabili.