Omicidio Taormina, la svolta: “Non era solo”, si cerca il complice che ha colpito la vittima con una bottiglia

Omicidio di Paolo Taormina a Palermo: un 28enne confessa, ma si cerca un complice. Il movente: messaggi sui social
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Un delitto brutale, una confessione che non basta a chiudere il caso e l’ombra, sempre più concreta, di un complice. L’omicidio del giovane Paolo Taormina, freddato a soli ventun’anni nella notte tra sabato e domenica nel cuore di Palermo, si arricchisce di nuovi, inquietanti dettagli. Mentre Gaetano Maranzano, 28 anni, ha ammesso di aver premuto il grilletto, gli investigatori sono convinti che non abbia agito da solo.

Sotto la lente degli inquirenti è finito un altro giovane dello Zen, amico stretto di Maranzano. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato lui a dare il via all’aggressione, colpendo per primo la vittima con una bottiglia, prima che la situazione degenerasse nel sangue. Per lui si valuta non solo l’ipotesi di favoreggiamento, ma anche un ruolo ben più attivo, forse un vero e proprio concorso in omicidio.

Oggi, intanto, si è tenuta l’udienza di convalida del fermo per Maranzano, difeso dagli avvocati Rosanna Vella e Melchiorre Monteleone. Davanti ai pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Ornella Di Rienzo, il ventottenne ha ripetuto la sua confessione, seppur con una versione dei fatti che lascia più di un dubbio. «Mi dichiaro colpevole», ha ammesso, cercando di spiegare il movente. «Quattro mesi fa scriveva a mia moglie con profili falsi su TikTok e Instagram, poi ho saputo che era lui. Siccome mi guardava male e si agitava, nel suo cervello mi voleva sfidare».

Un movente che affonda le radici nella gelosia e in presunti screzi sui social, ma che non convince del tutto chi indaga. Maranzano ha raccontato di essere partito dallo Zen con alcuni amici per raggiungere via Spinuzza, a due passi dal Teatro Massimo, intorno alle due e mezza. Lì, l’incontro con Taormina. Ma nel suo racconto c’è un tassello mancante, un testimone chiave che i carabinieri stanno ancora cercando: «C’era un ragazzo con un gilet bianco che discuteva con noi, ma io non l’ho aggredito». Quell’uomo potrebbe essere decisivo per ricostruire l’esatta dinamica di una notte di follia che ha spezzato la vita di un ragazzo di 21 anni. La verità su quanto accaduto in via Spinuzza è ancora un puzzle da comporre.

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