Un’acqua albanese invade la Sicilia: cosa c’è dietro il caso Tepelene firmata Coca cola

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Un piccolo paradosso si fa largo tra i tavoli di pizzerie e ristoranti della Sicilia sudorientale. Tra le province di Ragusa, Siracusa e in parte di Catania, accanto ai piatti della tradizione locale, compare sempre più di frequente una bottiglia di plastica dal nome esotico: Tepelene, un’acqua minerale imbottigliata in Albania. A sollevare il caso è stata un’inchiesta de Il Fatto Alimentare, che ha acceso i riflettori su un fenomeno a prima vista inspiegabile. Come è possibile che, nella patria di oltre 200 marchi di acque minerali e con 150 fonti attive, un prodotto proveniente da un altro Paese riesca a essere così competitivo?

La risposta, complessa e affascinante, unisce logiche di mercato e strategie commerciali ben precise. L’acqua Tepelene, che sgorga dalle montagne dell’Albania meridionale, è prodotta negli stabilimenti di Coca-Cola Bottling Shqipëria, la filiale albanese del colosso di Atlanta. Questo garantisce processi di imbottigliamento efficienti e costi di produzione notevolmente inferiori a quelli italiani. Se a questo si aggiunge la vicinanza geografica del porto di Durazzo alle coste meridionali dell’Italia, il gioco è fatto: i costi di trasporto si abbattono, rendendo il prodotto appetibile.

Tuttavia, in Italia l’acqua non è distribuita direttamente da Coca-Cola, ma da importatori locali che la propongono a ristoratori e commercianti come un’alternativa a basso costo, ma dall’aura “premium” per la sua origine montana. Per un ristoratore, la leva del prezzo è decisiva: acquistare l’acqua a un costo inferiore rispetto a marchi più blasonati permette di aumentare i margini di guadagno, magari presentando il prodotto come una scelta ricercata.

Questa operazione commerciale solleva però interrogativi profondi, soprattutto in un’epoca che predica la sostenibilità e la filiera corta. Ha senso, dal punto di vista ambientale, trasportare via mare migliaia di bottiglie di plastica quando le fonti italiane sono a portata di mano? La domanda è legittima, anche se va detto che spesso sulle tavole siciliane arrivano acque come San Pellegrino o Levissima, che compiono un viaggio di oltre 1.500 km dal Nord Italia.

Il caso Tepelene, quindi, non fa che svelare le contraddizioni di un mercato, quello italiano, che detiene il primato europeo per numero di sorgenti ma anche il record mondiale di consumo di acqua in bottiglia, con oltre 200 litri pro capite all’anno. La vera anomalia, forse, non è l’arrivo di un’acqua albanese, ma la radicata abitudine a non consumare l’acqua di rubinetto al ristorante, una pratica comune in quasi tutte le grandi città del mondo. In questo contesto, non sorprende che un gigante come Coca-Cola abbia trovato terreno fertile per vendere agli italiani non solo la sua celebre bibita, ma anche l’acqua che sgorga dalle montagne di un altro Paese.

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Giornalista pubblicista, direttore responsabile di DirettaSicilia.it e Monrealelive.it. Collaboratore di varie testate, tra cui BlogSicilia.it, SiciliaFan.it e donnaclick.it
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