Una festa di laurea finita in dramma. Un corpo trovato in pochi centimetri d’acqua. Un muro di silenzio che rende ancora più dolorosa la ricerca della verità. La morte di Simona Cinà, pallavolista di vent’anni, avvenuta nella notte tra venerdì e sabato in una villa di Bagheria, è un caso avvolto da un fitto velo di mistero. Gli inquirenti lavorano per ricostruire un puzzle a cui mancano troppi tasselli, nascosti in un’ora di buco nero e nella reticenza dei presenti.
Tutto si concentra in una manciata di minuti, tra le 3:20 e le 4:10 del mattino. In questo breve lasso temporale si è consumato il destino di Simona Cinà, giovane atleta di Capaci, piena di vita e di passioni. Si trovava in una villa con piscina in via Sant’Isidoro per festeggiare la laurea di un amico. Una serata che doveva essere di gioia, con circa ottanta invitati, musica e balli a bordo piscina.
Una sua amica è l’ultima a vederla viva e serena. Alle 3:20 la saluta mentre Simona è ancora vicina alla consolle del DJ, a pochi passi dall’acqua. Meno di un’ora dopo, alle 4:10, parte la chiamata disperata al 118. In mezzo, il vuoto. Un silenzio inspiegabile, considerando che al momento della tragedia nella villa erano rimaste circa cinquanta persone.
A scoprire il corpo è un ragazzo, mentre raccoglie i bicchieri di plastica a fine serata. La scena che si presenta agli investigatori è fin da subito carica di anomalie. Simona galleggia a faccia in su in una piccola piscina, 6 metri per 2, con un fondale bassissimo. Un dettaglio che stride con la dinamica tipica dell’annegamento, dove le vittime vengono solitamente ritrovate a faccia in giù.
Sul petto della ragazza vengono riscontrati dei graffi. Potrebbero essere il segno di un disperato quanto inutile tentativo di rianimazione, ma al momento nessuna ipotesi è esclusa. La villa, posta sotto sequestro, si presentava in condizioni precarie, con pali a terra e un’illuminazione affidata solo alle luci stroboscopiche della festa. Eppure, nessuno sembra aver visto Simona cadere, nessuno sembra aver sentito un tonfo o una richiesta d’aiuto.
Un altro elemento alimenta i sospetti: alla festa, pubblicizzata come “open bar” di alcolici, non sarebbe stata trovata alcuna bottiglia di superalcolici, ma solo bottiglie d’acqua. Una circostanza quasi surreale, che fa pensare a un frettoloso tentativo di ripulire la scena prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.
I Carabinieri della compagnia di Bagheria, coordinati dal pubblico ministero di turno della Procura di Termini Imerese, hanno passato al setaccio la villa e avviato fin dalle prime luci dell’alba gli interrogatori dei presenti. L’obiettivo è squarciare il velo di omertà e ricostruire l’esatta dinamica. La posizione di Simona, forse caduta all’indietro mentre parlava con qualcuno, è una delle piste battute. Ma chi era con lei in quegli ultimi istanti?
La famiglia della vittima, assistita dallo studio legale Giambrone&Partners, è stata avvisata solo alle 4:50. La madre, non vedendola rientrare, ha chiamato sul cellulare della figlia. A rispondere è stata la voce di un ragazzo che, gelidamente, le comunicava che stavano “provando a rianimarla”. Ma per Simona non c’era già più nulla da fare. Sarà l’autopsia, disposta nelle prossime ore, a fornire elementi certi sulle cause del decesso e a chiarire se la giovane avesse assunto alcol o altre sostanze.
Mentre le indagini cercano la verità, Capaci e il mondo della pallavolo siciliana piangono una ragazza descritta da tutti come solare e piena di sogni. Simona Cinà era un’atleta dell’Acds Capacense Volley, società per cui aveva giocato fino all’anno scorso. “Per lei la pallavolo era tutto, la sua più grande passione. Ha anche insegnato ai bambini,” la ricorda commosso il presidente Paolo Di Maggio. “Era una giovane assennata che amava lo sport e si impegnava molto”.
Recentemente aveva vissuto un’esperienza di Erasmus in Spagna, un periodo di crescita e scoperta. Studiava Scienze delle Attività Motorie e Sportive all’Università di Palermo, con l’obiettivo di trasformare la sua passione per lo sport in una professione. Un futuro luminoso, spezzato tragicamente in una notte di festa i cui contorni restano, ancora oggi, inaccettabilmente oscuri.