Mentre la Sicilia si prepara ad affrontare un’intensa ondata di calore di matrice africana, il dibattito pubblico viene inquinato da una narrazione mediatica che rincorre il sensazionalismo. Titoli che evocano scenari apocalittici, con picchi di 50 gradi, si diffondono rapidamente, generando un clima di allarme che spesso sacrifica l’accuratezza scientifica sull’altare della visibilità online. È fondamentale, in questo contesto, separare i fatti dalla speculazione, affidandosi ai dati e alla corretta interpretazione meteorologica. Lo fa notare l’associazione Weather Sicilia.
L’attuale ondata di calore è un fenomeno meteorologico di notevole intensità, su questo la comunità scientifica è concorde. I principali modelli di calcolo numerico, complessi programmi che simulano l’evoluzione dell’atmosfera, indicano che l’apice del caldo si raggiungerà nella giornata di martedì. Le proiezioni più accreditate stimano temperature massime che oscilleranno tra i 44 e i 45 gradi fino a 47 Celsius in specifiche aree interne dell’isola, come le piane del catanese e le zone interne del siracusano e del nisseno. Si tratta, senza dubbio, di valori eccezionali che richiedono la massima attenzione e adeguate misure di prevenzione. Parlare, però, di un imminente record di 50 gradi appare, allo stato attuale dei dati, una forzatura priva di fondamento scientifico, più utile a generare click che a fornire un servizio informativo corretto.
Uno degli strumenti retorici più utilizzati per amplificare la portata di un’ondata di calore è il concetto di “temperatura percepita”. È cruciale chiarire che questo valore non ha alcuna validità scientifica come misurazione della temperatura dell’aria. La temperatura è una grandezza fisica precisa e misurabile con un termometro. La “percezione” del calore, invece, è un indice di disagio bioclimatico (come l’indice di calore o l’Humidex) che combina la temperatura reale con altri fattori, principalmente l’umidità relativa e, in alcuni casi, il vento. Un’elevata umidità, per esempio, ostacola l’evaporazione del sudore, il principale meccanismo di termoregolazione del corpo umano, aumentando la sensazione di afa e disagio. Presentare questo indice come una temperatura effettiva, spesso con valori ben superiori a quelli reali, è una pratica giornalisticamente scorretta che alimenta confusione e allarmismo ingiustificato.
Per una valutazione corretta e affidabile delle temperature, è indispensabile fare riferimento esclusivamente ai dati raccolti dalle reti di stazioni meteorologiche ufficiali, gestite da enti preposti come il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, i servizi agrometeorologici regionali e la Protezione Civile. Queste stazioni sono installate secondo standard internazionali (Organizzazione Meteorologica Mondiale) che ne garantiscono l’accuratezza e la comparabilità dei dati. Al contrario, le temperature mostrate dai termometri delle farmacie, dai sensori integrati nelle automobili o da stazioni amatoriali non certificate non possono essere considerate attendibili per un’analisi scientifica, in quanto soggette a errori grossolani dovuti a un’errata esposizione al sole, al calore irradiato dall’asfalto o da altre fonti.
Il cambiamento climatico è una realtà scientifica e le ondate di calore ne sono una delle manifestazioni più evidenti e pericolose. Proprio per la serietà del tema, il giornalismo ha il dovere di trattarlo con il massimo rigore, sobrietà e chiarezza. La rincorsa al titolo sensazionalistico non solo deforma la realtà scientifica, ma rischia di generare assuefazione e scetticismo nel pubblico, minando la fiducia nell’informazione. Il ruolo dei media dovrebbe essere quello di informare sui rischi reali, spiegare i fenomeni in modo comprensibile e promuovere comportamenti consapevoli, non quello di terrorizzare per un pugno di interazioni in più. La lotta alle fake news meteorologiche passa necessariamente da un’informazione che sceglie la responsabilità scientifica rispetto alla speculazione mediatica.