Un’ondata di paura e intimidazioni sta scuotendo le fondamenta del quartiere Zen di Palermo. La tensione, palpabile tra i casermoni popolari, ha innescato un progressivo allontanamento di alcuni nuclei familiari legati ai presunti responsabili del brutale agguato mortale avvenuto a Monreale nella notte del 27 aprile. Un esodo silenzioso, dettato dalla necessità di sottrarsi a un ambiente divenuto improvvisamente ostile e a minacce sempre più concrete.
L’abbandono dello Zen e la pressione sociale
Le prime a fare le valigie, secondo quanto riportato da fonti giornalistiche locali come il Giornale di Sicilia, sarebbero state le famiglie più direttamente esposte alla riprovazione seguita ai tragici fatti. Tra queste, i genitori di Salvatore Calvaruso, uno dei giovani coinvolti nell’inchiesta. Sottoposti a un’incessante gogna mediatica sui social network, e destinatari di pressioni dirette, hanno ritenuto inevitabile lasciare la loro abitazione nello Zen, un quartiere che per molti rappresenta una vita intera.
Con il passare dei giorni, e con l’intensificarsi delle indagini da parte dei Carabinieri che stringevano il cerchio attorno ai sospettati, altre famiglie avrebbero seguito lo stesso percorso. Una scelta sofferta, mirata a proteggere i propri congiunti e a sottrarsi a un clima di crescente ostilità. In alcuni casi, si è cercato di rendere irreperibili i giovani coinvolti, come nel caso di Mattias Conti. Quest’ultimo, dopo un primo periodo di irreperibilità durante il quale i militari avevano perquisito l’abitazione dei genitori senza trovarlo, ha deciso infine di consegnarsi spontaneamente ai Carabinieri della compagnia di Monreale.
Le telecamere e i tentativi di depistaggio
Fondamentale per la ricostruzione degli eventi e per l’identificazione dei presunti responsabili è risultato il sistema di videosorveglianza installato nel quartiere Zen. Le telecamere hanno documentato movimenti cruciali nelle ore immediatamente successive all’agguato. Gli occhi elettronici hanno infatti ripreso Conti, Antonino Acquisto e lo stesso Calvaruso – fuggiti insieme in sella a una motocicletta Bmw Gs – mentre attuavano strategie per tentare di sviare le indagini.
Alle ore 1.52 del 27 aprile, in un orario compatibile con il rientro da Monreale, Acquisto e Conti sono stati immortalati mentre si muovevano a bordo di una bicicletta elettrica. Secondo gli inquirenti, i due si erano “verosimilmente disfatti della Bmw Gs e delle armi (attualmente non ancora rinvenute)”. L’obiettivo, spiegano i magistrati, era quello di “liberarsi di parte degli indumenti indossati durante l’azione criminosa”. Le immagini mostrano chiaramente Conti mentre si sfila il giubbotto che indossava presumibilmente durante la sparatoria, un gesto interpretato come un chiaro tentativo di “eludere ogni tipo di investigazione a suo carico”.
Azioni coordinate e la strategia digitale
Poco dopo, le stesse telecamere hanno registrato l’arrivo di Salvatore Calvaruso, che si è unito agli altri due sulla bicicletta elettrica. Per gli investigatori, questi “comportamenti non ammettono spiegazione alternativa diversa dalla volontà di agire in maniera coordinata subito dopo la commissione dei fatti in modo da liberarsi delle prove del reato e provare ad eludere le investigazioni”.
Parallelamente ai tentativi di depistaggio fisico, Mattias Conti avrebbe cercato di cancellare o nascondere le proprie tracce digitali, modificando le impostazioni di privacy dei suoi profili social per renderli accessibili solo a una ristretta cerchia di amici fidati. Una mossa che, tuttavia, non è sfuggita all’attenzione degli inquirenti, sempre più focalizzati sull’analisi delle interazioni online come parte integrante delle moderne tecniche investigative. La situazione allo Zen rimane tesa, con la comunità locale scossa dalla violenza e dalle sue immediate, tangibili conseguenze.