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Dopo la sparatoria, la Cgil a Prefetto e Sindaco: “Ci parlerete ancora di percezione?”

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Mentre Palermo piange la morte assurda di Paolo Taormina, un ragazzo di 21 anni ucciso per aver tentato di riportare la pace, c’è chi non si limita al cordoglio e lancia un atto d’accusa durissimo contro la politica e le istituzioni. La nota diffusa dalla Cgil Palermo non è un semplice comunicato, ma un pugno nello stomaco, un “ve lo avevamo detto” che risuona con la forza di una profezia tragicamente avveratasi.

«Basterà un morto ammazzato di 21 anni a fare cambiare la politica dei governi nazionale e locale?». La domanda, retorica e carica di rabbia, apre il documento del sindacato, che chiama in causa direttamente i vertici dello Stato e della città: il ministro degli Interni, il Prefetto e il sindaco di Palermo. A loro, la Cgil chiede se continueranno a parlare di «statistica e percezione» di fronte a una vita spezzata.

Il sindacato rivendica con amarezza un monito lanciato appena lo scorso luglio, dopo altri episodi di violenza. Già allora denunciavano una «illegalità diffusa, tollerata e a tratti giustificata» che alimenta il degrado sociale. Le loro parole di allora suonano oggi come un epitaffio: «Lo Stato batta un colpo prima che ci scappi il morto». Purtroppo, quel colpo non c’è stato e il morto, adesso, c’è.

La Cgil non usa mezzi termini, definendo l’omicidio di Paolo non un fulmine a ciel sereno, ma l’esito prevedibile di un allarme ignorato. La tragedia dell’Olivella si aggiunge a una «cronica sequenza di allarmi», dimostrando il fallimento delle politiche di prevenzione e un controllo del territorio evidentemente insufficiente.

La conclusione è un avvertimento che gela il sangue e chiama tutti a un esame di coscienza: «Senza una chiara assunzione di responsabilità dei responsabili e poi di tutti i cittadini, potrebbe non essere l’ultimo». Un messaggio potente che sposta il dibattito dalla cronaca di una notte di follia alla responsabilità collettiva per la sicurezza di un’intera città.

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Redazione Web

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