La Sicilia si riscopre frontiera calda nel cuore del Mediterraneo. In seguito all’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente, scaturite dall’attacco americano in Iran, le autorità italiane hanno innalzato drasticamente il livello di vigilanza sull’isola. Come riporta Repubblica, un’operazione di sicurezza imponente che coinvolge circa 1.500 siti sensibili, trasformando la regione in un’area ad altissima sorveglianza. La sola provincia di Palermo vede 272 obiettivi, tra civili e militari, posti sotto una tutela rafforzata, a testimonianza di un’apprensione che attraversa l’intero apparato di sicurezza nazionale.
La posizione geostrategica dell’isola, unita alla presenza di cruciali installazioni militari statunitensi, la colloca inevitabilmente al centro di potenziali scenari di crisi. Sebbene la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, abbia assicurato che nessun cacciabombardiere è decollato dal suolo italiano per missioni offensive, è noto che dalle basi siciliane vengono gestite operazioni di primaria importanza, come il pilotaggio di droni, i voli di ricognizione aerea e un fondamentale supporto logistico.
Il fulcro del dispositivo di sicurezza ruota attorno alle due principali installazioni militari americane: la base aeronavale di Sigonella, in provincia di Catania, e la stazione di telecomunicazioni del MUOS (Mobile User Objective System) a Niscemi, nel nisseno. Queste strutture, considerate le più esposte per la massiccia presenza di personale statunitense, mantengono per ora un livello di allerta standard, denominato “Alpha plus”. Ciò nonostante, le attività di intelligence e di sorveglianza interna sono state notevolmente intensificate. In caso di un’ulteriore escalation, spetterà al comando USA richiedere al governo italiano un incremento della protezione esterna, con il possibile impiego dell’Esercito a fianco delle forze dell’ordine.
L’attenzione non si limita però ai soli perimetri militari. Nel mirino dell’antiterrorismo sono finiti anche gli scali aeroportuali di Palermo e Catania, soprattutto dopo la recente riapertura dei collegamenti diretti con gli Stati Uniti. Sorvegliati speciali sono anche gli aeroporti di Trapani Birgi e Pantelleria, e il porto di Augusta, snodo logistico vitale per Sigonella e importante scalo militare. Un ulteriore sforzo si concentra sui grandi porti di Palermo, Catania, Messina e Trapani, dove quotidianamente attraccano navi da crociera che sbarcano migliaia di turisti, molti dei quali americani. La vigilanza è stata estesa anche ai principali siti turistici, mete privilegiate del turismo anglosassone, come il percorso Arabo-Normanno a Palermo, la Valle dei Templi ad Agrigento e le rinomate aree di Cefalù e del Siracusano.
In questo clima di alta tensione, le istituzioni cercano di gettare acqua sul fuoco. “Non ci sono allarmi specifici e la situazione in città e provincia è tranquilla,” ha dichiarato il prefetto di Palermo, Massimo Mariani. “Questo innalzamento dei livelli di allerta è stato deciso a livello centrale e rientra nelle normali azioni preventive per garantire la sicurezza sul territorio. Al momento non c’è alcun particolare pericolo in Sicilia”.
Di parere diametralmente opposto i comitati civici, come il “No Muos”, che da anni si battono contro la militarizzazione del territorio. “La presenza di queste basi trasforma il territorio siciliano in un fronte attivo, coinvolgendo la popolazione in guerre mai dichiarate ufficialmente dal governo italiano, ma combattute nei fatti,” denunciano gli attivisti. “Chiediamo al Sindaco e al Prefetto quali analisi e valutazioni sono state effettuate sul livello di rischio per la popolazione e quali misure sono state predisposte per garantire la sicurezza dei cittadini”. Una domanda che evidenzia la profonda spaccatura tra la percezione istituzionale e le paure della comunità locale.
Il recente bombardamento ha acceso i riflettori anche su una minaccia più subdola e moderna: quella cibernetica. La Sicilia non è solo un avamposto militare, ma anche il principale hub delle telecomunicazioni del Mediterraneo, un nodo strategico per i cavi sottomarini in fibra ottica che collegano l’Europa all’Asia e all’Africa. Un sabotaggio a queste infrastrutture potrebbe avere conseguenze globali.
Per questa ragione, nella lista dei siti sensibili sono stati inseriti anche i cantieri navali di Fincantieri a Palermo e le sedi di Leonardo, colossi dell’industria della difesa e dell’aerospazio. Il timore è che eventuali ritorsioni possano manifestarsi non solo con azioni militari convenzionali, ma anche attraverso attacchi informatici mirati a paralizzare le comunicazioni e le infrastrutture critiche del Paese. La difesa si gioca, quindi, su un doppio fronte: quello fisico e quello digitale.