“E doloroso essere qui per dare il nostro ultimo saluto terreno a Ignazio figlio, fratello, sposo, padre, amico, lavoratore. Vorremmo sentire ancora una volta la sua voce e magari, come era solito fare, saprebbe strapparci un sorriso con una sua battuta”. Lo ha detto l’arcivescovo di Monreale Gualtiero Isacchi nell’omelia per i funerali di Ignazio Giordano, il primo delle cinque vittime della strage sul lavoro a Casteldaccia a cui parenti e amici hanno dato l’ultimo saluto. Tantissimo dolore nella chiesa Madre di Partinico. In prima fila la moglie di Giordano insieme ai tre figli. La chiesa è piena e tanti fedeli sono rimasti fuori. Sono presenti anche i sindaci di Partinico Piero Rao, il sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto, il sindaco di San Cipirello, Vito Cannella, il sindaco di Montelepre Giuseppe Terranova e di Giardinello Antonio De Luca.
“Lo sappiamo, la morte fa parte dell’esperienza di vita terrena, ma ciò non ci consola: il modo in cui Ignazio ha lasciato i suoi affetti più cari, il modo in cui ha perso la vita, è profondamente ingiusto. Morire sul lavoro è un segno preoccupante che dice una società fragile, nella quale non c’è lavoro per tutti e quando c’è, spesso non è dignitoso, è sottopagato, non è rispettoso della dignità umana; è un lavoro che dimentica la persona ed ha come unico orizzonte i suoi obiettivi e il guadagno. E soprattutto se ancora oggi si muore di lavoro con una frequenza impressionante, significa che qualcosa non va. Le chiamano “morti bianche”, ma rappresentano la sconfitta di questa nostra società, la sconfitta di tutti noi. Spesso ci vengono riproposti i numeri impressionanti delle morti bianche che aumenta di giorno in giorno: non sono numeri, sono uomini e donne e qualche volta minori traditi da quel lavoro nel quale riponevano speranza. Non distraiamoci da questa emergenza”.
“Il vuoto lasciato da Ignazio e dai suoi compagni di lavoro, si trasforma in silenzio, in lutto cittadino ed ora anche in preghiera. “Carissimi Carmela, Gaspare, Davide e Fabrizio; cari papà Gaspare e mamma Francesca; carissimi Enzo, Maria Giovanna e Giusi, – aggiunto l’arcivescovo – a voi offriamo la compagnia e la vicinanza di tanti amici, della comunità cristiana, della comunità cittadina perché non vi sentite soli e, come Paolo, possiate “comprendere la via di Dio”.