È Paolo Suleman la persona arrestata all’alba di questa mattina assieme ad altre due persone dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo. L’operazione antimafia ha colpito il mandamento di Palermo Pagliarelli, in particolare la famiglia mafiosa di Corso Calatafimi.
Sulamen in carcere c’era già finito nel 2011 nel blitz denominato Hybris che azzerò il mandamento mafioso di Pagliarelli. Suleman ha finito di scontare una condanna a 8 anni e sarebbe tornato ad occuparsi soprattutto di estorsioni. Sarebbe lui il nuovo reggente della famiglia di Corso Calatafimi. La Procura di Palermo ha chiesto e ottenuto l’arresto anche di Rosario Lo Nardo e Giuseppe Marano (arresti domiciliari).
Il provvedimento è frutto delle indagini condotte fra il 2021 e il 2023, su delega della Direzione distrettuale antimafia, “i cui esiti hanno consentito di acquisire un grave quadro indiziario in ordine all’appartenenza a Cosa nostra dei membri della famiglia mafiosa di corso Calatafimi, inserita nel mandamento di Pagliarelli, nonché di documentarne la piena operatività sotto il profilo del controllo mafioso del territorio, esercitato principalmente mediante una costante pressione estorsiva nei confronti dei commercianti della zona”.
Secondo gli investigatori le risultanze delle indagini, che nel gennaio del 2023 avevano portato all’arresto di 7 persone con l’operazione Roccaforte, condotta dal Nucleo investigativo del Comando provinciale, “consentirebbero di individuare il nuovo reggente della famiglia mafiosa di corso Calatafimi – si legge nella nota – dopo il vuoto di potere lasciato dal precedente, tratto in arresto nel luglio 2020, nonché di documentare le presunte responsabilità dei singoli associati di cui lo stesso si avvaleva”.
Le intercettazioni avrebbero documentato il “ricorso sistematico – spiegano ancora dal Comando – all’attività estorsiva, che si intensificava con l’approssimarsi delle festività natalizie e pasquali, finalizzata all’alimentazione delle casse dell’associazione e al mantenimento degli uomini d’onore detenuti e delle loro famiglie quale espressione del più ampio obbligo di mutua assistenza fra i consociati”. In un caso gli indagati avrebbero avvicinato un commerciante prima ancora che inaugurasse l’attività costringendolo con minacce esplica a “mettersi a posto”.