Il Tribunale di Palermo ha emesso oggi le condanne per 21 imputati nel processo scaturito dall’operazione “Vento” dei carabinieri del luglio 2022. L’inchiesta era partita in seguito all’omicidio del boss mafioso Giuseppe Incontrera, ucciso nel quartiere Zisa di Palermo.
Le indagini hanno portato alla luce un sistema di estorsioni messe in atto dal clan di Cosa Nostra capeggiato da Incontrera ai danni di cantieri edili e attività commerciali del centro cittadino. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga e altri reati.
La pena più alta, 20 anni di reclusione, è stata inflitta a Giuseppe Giunta e al figlio del boss ucciso, Salvatore Incontrera. Pene severe anche per gli altri sodali del clan, con condanne comprese tra i 10 e i 20 anni di carcere. Assoluzione invece per tre imputati.
Salvatore Incontrera ha avuto inflitti 18 anni. Giuseppe Giunta (20 anni); Tommaso Lo Presti (20 anni): Calogero Lo Presti (16); Domenico Lo Jacono (14 anni); Salvatore Di Giovanni (10 anni e 8 mesi); Antonino Ventimiglia (18 anni e 6 mesi); Roberto Verdone (20 anni); Nicolò Di Michele (20 anni); Giuseppe D’Angelo (13 anni); Massimiliano D’Alba (12 anni); Antonino Fardella (12 anni e 8 mesi); Antonino Stassi (17 anni e 11 mesi); Maria Carmelina Massa (12 anni e 8 mesi); Andrea Damiano (20 anni); Gioacchino Pispicia (12 anni e 10 mesi); Gaetano Verdone (17 anni e 9 mesi); Antonino Bologna (7 anni e 4 mesi); Leonardo Marino (20 anni); Filippo Burgio (17 anni e 9 mesi); Vito Lo Giudice (7 anni e 10 mesi); Francesco Cerniglia (4 anni e 8 mesi); Antonino Talluto (4 anni e 4 mesi). Assoluzione invece per Giorgio Stassi, Francesco e Marco Verdone e Gioacchino Fardella.
Per la prima volta in un processo di mafia a Palermo, oltre al titolare di un’impresa edile vittima di estorsione si sono costituiti parte civile anche gli operai del cantiere, con il supporto dell’associazione antiracket Addiopizzo. Proprio la denuncia tempestiva dell’imprenditore e dei lavoratori ha permesso di arrestare i mafiosi e di avviare il processo.
L’inchiesta ha accertato che il clan di Incontrera imponeva il pizzo a ristoranti, ricevitorie, centri scommesse e attività commerciali nel centro di Palermo, in particolare nei quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa. Chi si rifiutava di pagare veniva minacciato con atti intimidatori e violenze.
Oltre alle estorsioni il clan gestiva il traffico di droga in alcune piazze di spaccio in pieno centro città. Sono stati ricostruiti inoltre due episodi di rapina a mano armata compiuti dai mafiosi per rifornirsi di denaro contante.
“La sentenza rappresenta un precedente importante – ha dichiarato Addiopizzo – ma testimonia anche la persistenza del fenomeno estorsivo ai cantieri edili di Palermo. Serve l’impegno concreto di associazioni datoriali e sindacati per sostenere imprenditori e lavoratori minacciati dalla mafia”.