Un duro colpo ai forti interessi della mafia nel lucroso mercato del gioco e delle scommesse online. Il tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, su richiesta della procura ha disposto il sequestro di beni per 43 milioni di euro nei confronti di due imprenditori, Salvatore Rubino di 62 anni, residente a Palermo, e Christian Tortora, 47enne di Battipaglia (Salerno).
Secondo quanto ricostruito dalle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, i due sarebbero stati i referenti di un gruppo societario contiguo alle storiche famiglie mafiose palermitane di Pagliarelli, Porta Nuova, Palermo Centro, Brancaccio e Noce. Entrambi sono stati arrestati nel blitz “All In” del giugno 2020 insieme al boss Francesco Paolo Maniscalco, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla truffa.
Grazie ai rapporti con Cosa Nostra, le imprese di Rubino e Tortora avrebbero acquisito la disponibilità di numerose concessioni statali per la raccolta di scommesse sportive, arrivando a gestire un giro d’affari da 100 milioni di euro. Dietro la facciata di società intestate a prestanome, si sarebbe dunque creato un impero economico illecito nel settore del gaming, come emerso dall’inchiesta “All in” che aveva portato a 25 misure cautelari.
Entrambi gli imprenditori sono stati poi condannati dal Tribunale di Palermo nel febbraio 2022, sentenza confermata in Appello a luglio. Da qui la richiesta della Procura di sequestrare i loro beni, accolta dal Tribunale.
Sono stati sequestrati 3 immobili di pregio, tra cui una villa sull’isola di Favignana, nonché quote societarie e compendi aziendali di 11 società con sede a Milano, Roma, Salerno e Palermo. Bloccati anche 45 rapporti finanziari tra conti correnti, depositi titoli, polizze assicurative e buoni postali per un totale di 43 milioni di euro.
Un duro colpo al business criminale della mafia nel settore delle scommesse, che negli ultimi anni è diventato un canale sempre più strategico per riciclare e reinvestire gli enormi capitali provenienti dai traffici illeciti gestiti dalle famiglie mafiose, attratte dalla possibilità di accumulare profitti ingenti in modo apparentemente legale.