Il piccolo Ettore morto a 35 giorni perché la sua Regione non fa lo screening SMA
«Ci sentiamo traditi dal nostro Stato» è l’accusa disperata dei genitori di Ettore, che chiedono a gran voce l’aggiornamento della legge 167 del 2016 sui Lea
Una tragedia annunciata, che si sarebbe potuta evitare. È quella del piccolo Ettore, nato il 3 ottobre scorso e morto solo 35 giorni dopo, stroncato da una SMA di tipo 1 diagnosticata troppo tardi. Il calvario del neonato e dei suoi giovani genitori, Marco e Gloria, è l’emblema della disorganizzazione della sanità italiana, dove diritti essenziali come lo screening neonatale per malattie genetiche mortali non sono garantiti in modo uniforme sul territorio nazionale.
Ettore infatti è nato in Veneto, una delle nove regioni dove lo screening esteso che avrebbe potuto salvargli la vita semplicemente non è previsto. Nove regioni – Basilicata, Marche, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Calabria, Sicilia, Umbria e Molise – dove la vita di tanti neonati è appesa ad un filo impalpabile, e dove viene negato quel sacrosanto diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione.
Il calvario di Ettore inizia il giorno stesso della sua nascita, quando il suo pianto flebile e la scarsa tonicità muscolare insospettiscono i medici. Inizialmente si pensa a problemi respiratori, ma il quadro clinico peggiora rapidamente: il bambino fatica a muovere braccia e gambe. Solo allora, dopo estenuanti giorni di esami, arriva la temuta diagnosi di atrofia muscolare spinale di tipo 1, la forma più grave. Il piccolo viene trasferito d’urgenza a Padova per iniziare le cure, ma una grave crisi respiratoria spezza la sua giovane vita quando è appena un neonato di un mese.
«Ci sentiamo traditi dal nostro Stato» è l’accusa disperata dei genitori di Ettore, che chiedono a gran voce l’aggiornamento della legge 167 del 2016 sui Lea, ferma da oltre due anni nei meandri della burocrazia. Sono anni che le associazioni di pazienti lanciano appelli per l’introduzione dello screening neonatale esteso in tutta Italia, che darebbe una speranza di vita a tanti bambini. Appelli disattesi, nonostante le risposte di circostanza del Ministero della Salute.
Ora l’ennesima morte annunciata di un innocente riaccende i riflettori su questa vergogna nazionale. Nessuno potrà dire “non sapevo”: è tempo che le istituzioni si assumano le proprie responsabilità. Per Ettore è troppo tardi, ma si può ancora salvare la vita di tanti bimbi che devono nascere.