Un duro colpo al mandamento mafioso di Resuttana è stato inferto oggi dalla Polizia di Stato di Palermo. Dalle prime luci dell’alba è in corso l’esecuzione di 18 misure cautelari nei confronti di presunti affiliati alla cosca, tra cui boss, gregari ed estortori. Sedici indagati sono finiti in carcere, due ai domiciliari.
L’operazione, coordinata dalla Procura di Palermo, ha disarticolato uno dei clan più potenti del capoluogo siciliano, dedito al racket delle estorsioni, al traffico di droga e all’acquisizione illecita di beni e risorse economiche. “Hanno una città nelle mani”, commentavano alcuni affiliati intercettati, a testimonianza del potere e dell’influenza della cosca sul territorio.
Oltre ai reati di mafia, le accuse contestate sono estorsione aggravata, spaccio di stupefacenti, porto abusivo d’armi e violazione della sorveglianza speciale. Secondo il questore Renato Cortese, l’operazione “ha decapitato il mandamento, arrestandone il reggente e altre figure di spicco, nonché professionisti collusi e imprenditori che gestivano attività di ristorazione infiltrate dalle cosche”.
Un aspetto inquietante emerso dall’indagine è la compartecipazione alla vita criminale di Cosa Nostra di alcuni professionisti, imprenditori e “borghesi mafiosi” che non hanno esitato a mettere le proprie competenze al servizio del clan per trarne vantaggi economici. Una commistione che ha gravemente inquinato l’economia e la libera concorrenza in città.
L’operazione di oggi conferma come ancora ampie fasce del mondo economico e professionale palermitano siano permeabili alle infiltrazioni e alle lusinghe delle consorterie criminali, attratte dai facili guadagni generati dalle attività illecite e dal controllo mafioso del territorio. Una circostanza che richiede la massima attenzione e un’intensa azione di prevenzione e contrasto.