Sparirono 400mila euro alle Poste, dipendente di Misilmeri condannato in Appello
Ribaltata invece la decisione per Giuseppe Faso, direttore dell’ufficio postale Bagheria 1 che primo grado era stato condannato a cinque anni

Condannato il dipendente delle poste e assolto il direttore. Sei anni di carcere confermati in appello ad Antonio Ingrassia, ex dipendente delle Poste e consigliere comunale di Misilmeri. Ribaltata la decisione per Giuseppe Faso, direttore dell’ufficio postale Bagheria 1 che primo grado era stato condannato a cinque anni.
Non spettava a lui, come riporta IL Giornale di Sicilia, il compito di rimborsare i buoni fruttiferi e, in ogni caso, in alcuni giorni era pure assente dall’ufficio postale tanto che le sue firme sarebbero state falsificate per consentire le operazioni allo sportello. La prima sezione della Corte di Appello sostiene che l’ex direttore dell’ufficio postale di Bagheria non sarebbe stato il responsabile degli ammanchi per circa 400 mila euro in buoni fruttiferi, assolvendo per Giuseppe Faso – che, in primo grado, era stato condannato a cinque anni di carcere con l’accusa di non aver vigilato sulle attività del suo vice – accogliendo così in pieno la tesi difensiva degli avvocati Vincenzo e Marilia Lo Re che hanno dimostrato la completa estraneità ai fatti addebitati al loro cliente.
Secondo i giudiciil vero autore degli ammanchi sarebbe stato Antonio Ingrassia, l’addetto alle liquidazioni dei buoni fruttiferi e alle consulenze sui prodotti finanziari. Per lui arriva la conferma della condanna di primo grado. L’avvocato Francesco Costantino, che assiste il dipendente che in passato ha ricoperto anche il ruolo di consigliere comunale e assessore al Bilancio di Misilmeri, ha comunque preannunciato il ricorso in Cassazione.
Risale al 2017 il processo, con diversi risparmiatori truffati e Poste italiane che si erano costituiti parte civile. Una inchiesta durata quattro anni che era partita da una segnalazione dall’ufficio antifrode delle Poste, che aveva trovato alcune anomalie in una serie di investimenti effettuati nell’ufficio postale di Bagheria. I buoni postali sarebbero stati falsificati, non avevano la filigrana, il timbro e altre caratteristiche che ne attestavano l’autenticità. Secondo quanto ricostruito, alcune decine di persone avrebbero perso i loro risparmi acquistando le copie quasi perfette ma, totalmente farlocche, che erano state realizzate per intascare i soldi piuttosto che per investirli.