La Sicilia unita con Nunzio, la “battuta” infelice della Celentano ad Amici

Sindaci ed esponenti politici contro la Celentano, anche un avvocato le scrive una lettera

Non si placano le aspre polemiche intorno alle parole della maestra di Amici, Alessandra Celentano. Durante la trasmissione condotta da Maria De Filippi, in onda su Mediaset, la Celentano ha avuto una discussione con il 19enne ballerino siciliano, di Adrano, Nunzio Stancampiano. La maestra, dopo l’esibizione del giovane seguito da Raimondo Todaro, ha voluto sottolineare il suo accento siciliano ma la sua battuta è stata molto infelice.

Lo scivolone della Celentano

Alessandra Celentano, forse esagerando un po’, ha sottolineato il marcato accento siciliano del ballerino ed ha provato anche a imitarlo storpiandone l’italiano: “Io lo voglio bene!”, proprio per far notare che Nunzio non parla un italiano perfetto. E quando Maria De Filippi le ha fatto notare la frase, Celentano ha risposto con uno scivolone che ha animato per tutto il sabato sera i social: “Bè ma parla così perché è siciliano”.

Social impazziti contro la maestra

Sui social sono arrivate numerosissime critiche all’indirizzo della Celentano e delle sue dichiarazioni. Anche la politica si è mossa. Salvatore Geraci, sindaco di Cerda, in provincia di Palermo, e il capogruppo della Lega al Consiglio comunale di Palermo, Igor Gelarda, pretendono le pubbliche scuse dalla nipote del Molleggiato e dalla stessa trasmissione.

La lettera di un avvocato

Ma tra le critiche rivolte alla maestra del talent show anche una lunga lettera di Antonella Pavasili, avvocato originaria del messinese che ha voluto rivolgersi direttamente all’insegnante, nipote del “Molleggiato”.

“Indecisa se scrivere nella mia lingua madre o in italiano – scrive Pavasili, nella lettera pubblicata sulla sua pagina Facebook -, alla fine ho optato per l’italiano, così da essere certa che lei comprenda. Perché per comprendere il siciliano, lingua conosciutissima e compresa ovunque, grazie a certi signori che non sto nemmeno a ricordarle (sarebbe probabilmente fatica sprecata), non basta esserci nati in Sicilia, occorre altro. Occorrono, soprattutto, la capacità e il coraggio di rompere le gabbie del pregiudizio, di aprirsi ad una cultura ricca di sfaccettature ed eccessi, di teatro e dramma, di lacrime e risa, di rabbia e quiete. E lei, evidentemente, non possiede queste qualità”.

 

“Pazienza – dice ancora dell’avvocato siciliano -, sopporteremo anche questa iattura. Però, figghiuzza bedda, è troppo difficile tollerare in silenzio la rozzezza dell’equazione da lei propugnata in una trasmissione televisiva di grande successo quale Amici! In estrema sintesi, secondo il suo genio, il giovane Nunzio, concorrente siciliano, non parlerebbe bene l’italiano perché, appunto, siciliano. E quindi, per estensione, tutti i siciliani partiremmo da questo gap. Forse, in un impeto di generosità, lei sarebbe anche disposta ad ammettere che qualche rara eccezione vi sia a queste latitudini. Ma solo, appunto, in via eccezionale”.

Sicilia culla di cultura

Ecco Maestruzza bedda, io non me lo piglio il disturbo di ricordarle quanta cultura sia partita da questo triangolo accucciato sul Mediterraneo – incalza l’avvocato -. Temo addirittura che certi nomi lei non li abbia mai nemmeno sentiti pronunciare, sennò non si spiega. Però su un punto non recedo e una richiesta gliela porgo. Torni sull’argomento e chieda scusa. No, no. Non chieda scusa per ciò che ha detto al giovane siciliano ma per la stucchevole, inutile e ipocrita affermazione successiva, pronunciata dopo la reprimenda della De Filippi. “Ma io amo la Sicilia!” Ma che fa lei, babbìa? Per chi ci ha preso? Pensa davvero che siamo dei minc… disposti ad accettare la sua graziosa elargizione? No, davvero. Non ce ne facciamo niente dell’amore a perdere di una poveretta imbrigliata nelle cinte del pregiudizio. Se lo tenga stretto il suo amore, ne facciamo volentieri a meno. Chieda scusa e si allontani”.

“Leggiu, leggiu, a passu i danza. Sulle note del marranzano. Con la sua abile maestria. Non sentiremo la sua mancanza. Quaggiù ce la caveremo bene anche senza il suo amore – conclude – . Tra un errore di grammatica e un bel tramonto. Mentre i mandorli esplodono. E tutti cantiamo… …ciuri ciuri, ciuri di tuttu l’annu.., Pardon, Maestruzza bedda, mi sono lasciata prendere la mano e sto scivolando pericolosamente sulla mia lingua”.

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