La terza sezione della Cassazione ha rigettato i ricorsi dei tre medici palermitani condannati per la morte di Valeria Lembo, uccisa da una chemio sbagliata. La suprema Corte conferma l’assoluzione di un’infermiera. Dopo 10 anni si chiude il caso della morte della donna, avvenuta il 29 dicembre del 2011 per un errore. Uno dei più gravi errori medici al mondo, secondo la letteratura scientifica del tempo.
Sono stati necessari sei gradi di giudizio e più di dieci anni ma ora il caso sembra definitivamente chiuso. I giudici della Cassazione hanno sancito che la donna morì perché i medici del Policlinico le somministrarono una dose di 90 milligrammi di vinblastina (un farmaco chemioterapico) al posto dei 9 previsti nel protocollo. Una dose abnorme tanto che “avrebbe potuto uccidere un elefante”, spiegarono gli esperti sentiti all’epoca dei fatti. Valeria Lembo aveva 34 anni ed era madre di un bimbo di otto mesi.
L’ex primario del reparto di Oncologia del Policlinico, Sergio Palmeri, è stato così condannato a 3 anni, l’oncologa Laura Di Noto a 2 anni e 3 mesi (per lei però i giudici hanno deciso di annullare con rinvio soltanto l’aspetto legato alle pene accessorie) e l’allora specializzando Alberto Bongiovanni a 3 anni e 5 mesi. Assolta l’infermiera Clotilde Guarnaccia. Valeria Lembo aveva un linfoma di Hodgkin da cui si guarisce con le opportune cure.
“Dopo avere visto mia figlia morire in quel modo, dopo dieci anni di tormenti, di bugie su bugie raccontate in aula, mia figlia non ha avuto la giustizia che meritava. Nessuno andrà in carcere. Sarebbe stato peggio non avere nemmeno le condanne ma non posso dirmi soddisfatta. Mentirei”, dice a Repubblica la madre, Rosa Maria D’Amico.