Farmaco di 100 anni riduce le morti da Covid-19, l’Eparina è la «molecola di Dio»

C’è anche chi la chiama la “Molecola di Dio”, è l’eparina. Un farmaco antigoagulante che potrebbe dare nuove speranze nella lotta all’infezione da Coronavirus Sars-Cov2. Nel giorno di Pasqua arriva una notizia che potrebbe dare speranza a tanti ammalati di Covid-19. L’eparina sembra essere un farmaco che “cura” i sintomi del Coronavirus. Un farmaco antico, la scoperta dell’eparina è stata annunciata, infatti, nel 1916.
Sul 20% dei pazienti già trattati ha già dato risultati positivi assicurando una riduzione della mortalità con un marcato aumento di un indicatore di presenza di coaguli del sangue. È uno studio inglese che mostra i risultati delle “molecola di Dio”.
I risultati sono stati pubblicati sul ‘Journal of Thrombosis and Haemostasis‘ guidato dall’ematologo Jecko Thachil del Department of Haematology del Manchester Royal Infirmary (Gb). Secondo i ricercatori, la somministrazione di eparina nei pazienti affetti da Covid-19 agisce dando effetti anticoagulanti, oltre che antinfiammatori e persino antivirali.
“E’ stato dimostrato che all’infezione da Coronavirus – si legge sulla rivista scientifica – è associata un’alta mortalità in presenza di valore elevato di D-dimero, marcatore particolarmente importante per la coagulopatia”. In uno studio precedente dello stesso gruppo, si ricorda, “è stato dimostrato che l’uso della terapia anticoagulante con eparina riduce la mortalità. In quel documento, tuttavia, solo 99 su 449 pazienti avevano ricevuto eparina in via preventiva. Un piccolo numero perché la terapia anticoagulante è stata presa in considerazione solo dopo che sono stati notati micro-trombi nella dissezione polmonare da un paziente in condizioni critiche. Questo ha però aiutato gli autori ad analizzare retrospettivamente la differenza sugli esiti tra i pazienti con e senza terapia anticoagulante”.
Anche in Italia si starebbe pensando all’uso di eparina per il trattamento del Covid-19. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dato un segnale per quello che riguarda l’uso in prevenzione delle eparine a basso peso molecolare nei pazienti Covid-19, ma ha anche già approvato uno studio specifico. Lo studio è stato proposto da Filippo Drago, docente di Farmacologia e direttore dell’Unità di Farmacologia clinica al Policlinico di Catania e Pierluigi Viale, direttore dell’unità operativa Malattie infettive dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Lo studio italiano avrà come obiettivo di valutare gli effetti della somministrazione di dosi medio-alte del farmaco non tanto per prevenire eventi trombo-embolici, ma per curare quelli già in atto e che spesso portano alla morte dei pazienti. Si attende ora il via libera del comitato etico dell’Istituto Spallanzani di Roma.
Dall’esame autoptico eseguito su vari pazienti deceduti per Coronavirus, è stato scoperto che la causa della morte sarebbe legata a eventi tromboembolici, problemi che sono legati a un danno da parte del virus sull’endotelio basale e alveolare del polmone. Da qui è iniziato l’uso sperimentale di eparina. “Siamo convinti – dicono i ricercatori – che somministrando enoxeparina non solo in fase preventiva, ma anche terapeutica a dosi medio-alte, si possano prevenire i trombi e anche limitare la carica virale, risolvendo la polmonite”.