Le meduse sono il terrore dei bagnanti e, una volta avvistate, vengono puntualmente rimosse dall’acqua e uccise. Si apre una vera e propria caccia alle streghe ma quasi nessuno sa che questa pratica è vietata soprattutto se viene eseguita in aree marine protette. Il rischio è non solo quello di beccarsi una sanzione ma anche quello di rovinare l’ambiente e l’ecosistema.
Non solo meduse sono vittime dei bagnanti ma anche stelle marine, molluschi, granchi, ricci e altri piccoli esseri che fanno parte del delicato equilibrio marino. Ucciderli e asportarli significa creare un danno.
Ma le meduse sono davvero quella minaccia terribile di cui parlano i bagnanti, capaci di mandare sotto sopra le vacanze? Silvano Riggio, ecologo dell’Università di Palermo, ridimensiona tutto. «Siamo figli di una cultura fatta di eccessi secondo cui tutto ciò che non ci è particolarmente amico deve essere soppresso. Mia madre però ammoniva: ma se non ti fa male perché la devi uccidere quella piccola creatura? Da ecologo sono tendenzialmente d’accordo con chi ha redarguito il bimbo, ma anche questo comportamento non deve essere eccessivo. Paladini dell’ambiente sì, ma tutto dev’essere fatto nei giusti modi, senza esagerare».
E anche l’allarme è da ridimensionare. «Si fa un gran parlare di meduse, ma pochi sanno che ne esiste solo una particolarmente dannosa e vive per fortuna in alto mare. È ritenuta letale, ma sono documentati rarissimi casi. Mortali. Quanto alle altre meduse, già da agosto il mare è dominato da meduse assolutamente innocue. Così innocue che si possono anche toccare e addirittura tenere in mano. Sono note con i termini popolari di “polmone di mare” o Rizostoma pulmo e “cappello di parrino”.
Proprio quest’ultima, nota scientificamente con il nome di Cotyloriza tubercolata, è anche
molto bella a vedersi, è grande trenta centimetri, ha un disco marroncino e numerosi tentacoli bianchi e violacei.
Uccidere questi animali è vietato.
L’articolo 544 ter del Codice penale stabilisce che: chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5mila a 30mila euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.
Una sentenza della Cassazione ha anche decretato che risultano punibili non solo le lesioni fisiche ma anche altri tipi di sofferenze ai danni degli animali come appunto, nel caso degli animali marini, la pratica (purtroppo molto diffusa) di toglierli dall’acqua.