Luglio record, è stato il più caldo mai registrato nella storia
Dalla metà degli anni Ottanta, precisa l’esperto, «le temperature vanno solo in salita

Il record di luglio: il mese più caldo mai registrato nel mondo. Anche se si era già intuito, ben prima che arrivassero i dati, in Italia, Francia, Germania e nel resto d’Europa e del mondo, adesso è ufficiale: quallondib luglio 2019 è da considerare il mese più caldo mai registrato nel pianeta.
A registrare l’allarme è stata la Copernicus climate change service, l’Agenzia per il cambiamento climatico del programma europeo. L’agenzia ha calcolato la media mondiale del rialzo termico che si aggira sui 0,04 gradi Celsius in più rispetto allo scorso giugno, già archiviato come il più caldo di sempre sulla Terra, e 0,56 gradi sopra i valori del periodo 1981-2010 – quasi 1,2 oltre i livelli preindustriali.
Del resto temperature insolitamente alte sono state avvertite anche nel Circolo polare artico, con picchi in Alaska e Groenlandia, per non parlare di Siberia, Asia centrale, Iran, Africa e Australia, dove la colonnina di mercurio ha raggiunto e superato le soglie guardia.
Luglio 2019 batte così, anche se di poco, cioè di 0,04 gradi, il record finora detenuto dallo stesso mese del 2016, caratterizzato però dal «El Nino», fenomeno climatico (assente quest’anno) che causa il riscaldamento delle acque del Pacifico e, di conseguenza, l’innalzamento delle temperature.
Ma se queste sono le premesse, cosa ci si può aspettare in futuro? Le previsioni, per il direttore della Copernicus, Jean-Noel Thepaut, non sono certo rosee: «Tra le continue emissioni di gas serra e il conseguente impatto sulle temperature globali, ogni record è destinato a essere battuto nuovamente». Le conseguenze? Senza andare troppo lontano, basta guardare cosa sta accadendo ai ghiacciai delle Alpi, che negli ultimi 100 anni hanno dimezzato la propria estensione, e che da qui al 2050, se al di sotto dei 3500 metri di altitudine, rischiano di sparire per sempre.
A dare l’allarme è il glaciologo del Cnr, Renato Colucci: «I ghiacciai alpini di Italia, Francia, Austria e Svizzera si stanno ritirando a una velocità senza precedenti», tanto che, «nell’ultimo secolo, è scomparso il 50% della copertura», e della parte evaporata, «il 70% è sparito negli ultimi 30 anni».
Dalla metà degli anni Ottanta, precisa l’esperto, «le temperature vanno solo in salita. Fino ad allora, anche sotto i 3.000 metri, d’estate rimaneva sempre un po’ di neve sopra il ghiaccio, che lo preservava e creava la riserva necessaria per formarne di nuovo. Ma oggi osserviamo la quasi completa asportazione del manto nevoso in estate, il ghiaccio rimane esposto al sole e si fonde. In media si perde da mezzo metro a un metro di spessore all’anno». Secondo Colucci, se non si ferma il riscaldamento globale, i ghiacci eterni spariranno completamente dalle Alpi Orientali e Centrali, rimanendo solo sulle Alpi Occidentali, quelle più alte. Se infatti «prendiamo la media delle temperature degli ultimi 15 anni, questa non è compatibile con l’esistenza dei ghiacciai sotto i 3500 metri».
Gli studi dei glaciologi spiegano bene perché tutto questo sta avvenendo: i carotaggi fatti sui ghiacci di Groenlandia e Antartico, spiega ancora Colucci, «ci dicono che nell’ultimo secolo l’aumento della CO2 nell’atmosfera è stato cento volte più rapido che in qualsiasi altra epoca negli ultimi 800mila anni. E la responsabilità non può che essere dell’uomo».