Fincantieri cerca personale ma non lo trova, stipendio 1600 euro
Nei prossimi 2 anni serviranno da 5 a 6 mila lavoratori

“Nei prossimi 2-3 anni avremo bisogno di 5-6 mila lavoratori ma non so dove andarli a trovare. Si tratta di carpentieri, saldatori. Abbiamo lavoro per 10 anni, cresciamo ad un ritmo
del 10%, ma sembra che i giovani abbiano perso la voglia di lavorare. Abbiamo dei cantieri in Romania e prendiamo i lavoratori dal Vietnam, ma anche lì prima o poi finiranno”. Lo dice l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, che ieri è intervenuto alla conferenza oganizzativa della Cisl.
In sostanza il lavoro c’è e ci sarà, ma mancano la voratori altamente specializzati, entre la disoccupazione riguarda un giovane su tre. È la grande contraddizione dei nostri tempi, con cui imprenditori e capi azienda devono fare i conti un attimo dopo aver conquistato un ordine o una commessa.
Nei prossimi 10 anni, Fincantieri, che ha 19mila dipendenti, 20 stabilimenti in 4 continenti e nel 2018 ha fatturato 5,5 miliardi di euro (con Ebitda 414 milioni di euro, +21% rispetto al 2017), dovrà fronteggiare un carico di lavoro complessivo da record, che ammonta a 33,8 miliardi di euro (tra backlog e soft backlog), con 116 navi in portafoglio, di cui 52 da crociera.
Quello della necessità di trovare certe figure della cantieristica che vanno sparendo, a fronte di un aumento del carico di lavoro, è un tema molto caro a Bono e va considerato in riferimento all’intera filiera dell’industria cantieristica. Il modello produttivo di Fincantieri – che è entrata nella top 30 delle società dove ambiscono lavorare gli studenti di Economia, Giurisprudenza e materie scientifiche, nell’indagine di Universum Global – prevede che fatto 100 il prodotto nave, il 30% delle lavorazioni sia riconducibile alla piattaforma, mentre il resto ad attività che viene appaltata a società altamente specializzate, che lavorano sotto il coordinamento e la supervisione di Fincantieri.
Il ventaglio dei professionisti che lavorano alla costruzione di una nave è molto ampio: si va dai saldatori agli elettricisti ai meccanici di bordo, ai motoristi ai molatori, agli installatori di tubi, agli addetti alle isolazioni. Data l’alta specializzazione delle professionalità, il gruppo è molto attivo sia nella formazione che nel recruiting, ed è anche per questo che ha siglato un protocollo di intesa con il Miur, per rafforzare il rapporto tra il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore e il mondo del lavoro nel navalmeccanico.
Oltre al recente accordo con la regione Liguria e i sindacati per un corso Its per Tecnico superiore per la produzione e manutenzione di mezzi di trasporto e relative infrastrutture. Nei vari territori in cui è presente, inoltre, Fincantieri porta avanti career day o giornate di incontro con i disoccupati e organizza corsi sperimentali per operai specializzati e non.
«Sento parlare tanto di lavoro, crescita, infrastrutture, porti, autostrade ed aeroporti. Ma penso che tra un po’ di tempo avremo più università che laureati, più porti che navi, più aeroporti che passeggeri. Questi sono gli sprechi del Paese, vogliamo tutto ma vogliamo che lo facciano gli altri», dice Bono. Sullo sfondo c’è un tema che ormai si può considerare culturale. Il lavoro «è dignità», continua il top manager, ma bisogna fare una riflessione. «Se uno si accontenta di fare il rider a 500-600 euro… da noi un lavoratore medio prende 1.600 euro al mese. Allora se uno volesse guardare al futuro non si accontenterebbe di fare il rider, anche perché non è che fare il rider è meno faticoso di fare il saldatore. Purtroppo abbiamo cambiato cultura».